In caso di trasferimento in mobilità volontaria, non maturano i miglioramenti che nel
frattempo il dipendente avesse acquisito. E’ questo il principio dettato dalla sentenza della
sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 1494/2024.
Leggiamo che “in tema di pubblico impiego privatizzato, in caso di passaggio ad altra
amministrazione per la qualifica corrispondente a quella indicata dal lavoratore nella
domanda, non sussiste il diritto per il dipendente di ottenere, in ordine al rapporto costituito
su tale base, la qualifica superiore acquisita, nelle more del passaggio stesso,
nell’amministrazione di provenienza, atteso che il trasferimento è chiesto ed avviene in
ragione di una disponibilità creatasi nell’organico dell’Amministrazione di destinazione e
nella qualifica prevista, e non è coerente con le esigenze di imparzialità e buon andamento
che un ente terzo incida sul rapporto di lavoro di un’altra P.A.”. Ci viene infine detto che “la
mobilità è sempre finalizzata alla copertura di una specifica vacanza e che pertanto il
riconoscimento di incarichi o mansioni superiori conseguiti nelle more presso
l’Amministrazione di provenienza non solo verrebbe a frustrare detta finalità –
determinando il persistere della scopertura – ma produrrebbe l’effetto distonico di imporre
alla nuova Amministrazione di appartenenza la presenza in sovrannumero di dipendenti
con profilo diverso da quello per il quale vi era la scopertura stessa, oltre ad incidere sulla
procedura concorsuale riservata, agevolando la progressione in carriera di uno dei
concorrenti e generando asimmetrie tra le posizioni dei soggetti interessati a concorrere”.