Nella legge di bilancio 2023 abbiamo in primo luogo l’incremento delle risorse per il
rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro in modo da finanziare aumenti dello 1,5%
in più rispetto alle regole dettate dalla legge di bilancio del 2022 per il trattamento
economico dei dipendenti pubblici, con il che si arriva per l’anno 2023 alla previsione di
aumenti fino al 2% del trattamento economico in godimento.
La disposizione è dettata sotto forma di una tantum per il solo anno 2023, il che costituisce
un elemento di significativa novità rispetto alle regole che sono ordinariamente dettate per
questi aumenti. L’altro importante dato innovativo è che questi aumenti hanno effetto
solamente per il trattamento di quiescenza. Per cui queste somme non sono computabili
agli effetti della indennità premio di fine servizio, della indennità sostitutiva del preavviso,
del TFR, della indennità per la cessazione del rapporto di lavoro da corrispondere agli
eredi che vivevano a carico del dipendente in caso di sua morte.
Occorre capire se queste risorse saranno giudicate sufficienti dalle organizzazioni
sindacali per consentire l’avvio delle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali
di lavoro dei dipendenti pubblici per il triennio 2022/2024. Il che non sembra: non a caso il
ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo ha detto che questo “è un primo
passo, in un percorso che dovrà proseguire con un dialogo costruttivo con le parti sociali,
per avviare una nuova stagione contrattuale che tenga in considerazione il particolare
momento in cui viviamo. Mi impegno a cercare le risorse per i rinnovi contrattuali ai primi
segnali di ripresa, speriamo già nei prossimi mesi, nell’ambito degli equilibri di bilancio”.