Prima del conferimento di incarichi dirigenziali a tempo determinato ex articolo 110 D.Lgs.
n. 267/2000 occorre verificare l’assenza di professionalità all’interno dell’ente, anche tra i
dipendenti di categoria D. E’ quanto afferma la sentenza della seconda sezione del Tar del
Lazio n. 2479/2021.
In primo luogo, ci viene detto che “secondo la giurisprudenza consolidata, l’impossibilità di
rinvenire professionalità nei ruoli dell’Amministrazione deve intendersi nel senso che la
ricerca all’esterno deve seguire l’accertamento del possesso dei requisiti richiesti in capo a
soggetti già appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione e, quindi, anche tra i funzionari di
categoria D, in caso di vacanza in organico di personale dirigenziale”. In questa direzione
va la “ratio della norma che è di ridurre le spese dell’Amministrazione evitando, ove
possibile, il ricorso a professionalità esterne, in linea con i principi di efficienza, efficacia ed
economicità dell’azione amministrativa.. l’amministrazione, in caso di vacanza di incarichi
dirigenziali, deve cercare di rinvenire professionalità nei propri ruoli non solo per ridurre i
costi, ma anche al fine di valorizzare il capitale di risorse umane a sua disposizione e,
quindi, solo dopo avere constatato l’inesistenza delle professionalità richieste, può cercare
di reperirle all’esterno”. Per cui “la ricerca di professionalità deve seguire alla verifica del
possesso dei requisiti richiesti in capo a soggetti già appartenenti ai ruoli
dell’Amministrazione, ivi compresi i funzionari direttivi di categoria D”. Tale ricerca non può invece essere effettuata nel corso della procedura selettiva aperta agli esterni.
Da sottolineare che la pronuncia ha chiarito che condizione per la proposizione di un
ricorso è la seguente: “ se la posizione azionata dal ricorrente lo colloca in una situazione
differente dall’aspirazione alla mera ed astratta legittimità dell’azione amministrativa
genericamente riferibile a tutti i consociati, se sussiste una lesione della sua posizione
giuridica, se è individuabile una utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione
del provvedimento e se non sussistono elementi tali per affermare che l’azione si traduce
in un abuso della tutela giurisdizionale”.