Nelle prove pratiche dei concorsi pubblici non si deve dare luogo all’annullamento per la
violazione del vincolo dell’anonimato se la commissione poteva capire chi era il candidato.
Lo afferma la sentenza del Tar della Lombardia, sezione 5, n. 2074/2025.
In premessa, viene ricordato il consolidamento in sede giurisprudenziale del seguente
“orientamento: la regola dell’anonimato, posta a garanzia del generale principio di
imparzialità, è estensibile alle prove pratiche laddove le stesse consistano in toto nella
redazione di un elaborato scritto e non anche nei casi in cui, pur contenendo qualche
elemento scritto, si svolgano con modalità implicanti un contatto diretto e immediato del
candidato o del contenuto della prova con la commissione, perché tale contatto rende
inevitabile la previa identificazione dell’esaminando e materialmente impossibile il rispetto
dell’anonimato”.
Ci viene detto che “l’omessa indicazione delle generalità nella busta piccola non ha
impedito né ha ingenerato dubbi nel ricondurre l’elaborato inserito nella busta grande alla
ricorrente, avendo la Commissione fatto proprie le indicazioni fornite dall’istante con la
mail del 10.9.2024 relativamente al numero assegnato contenente l’elaborato.. Pertanto,
l’annullamento della prova pratica, motivato in base alla violazione dell’anonimato, è
illegittimo in quanto tale principio non deve essere assicurato nelle prove pratiche come
congegnate nell’ambito della selezione di che trattasi: al pari della prova pratica su cui è
apposta la firma da parte del candidato (che la giurisprudenza ritiene non annullabile), la
prova pratica della ricorrente poteva essere esaminata, non essendo preclusiva alla
correzione la circostanza che la Commissione potesse venire a conoscenza dell’autore
dell’elaborato”.