Il dipendente condannato alla interdizione perpetua dai pubblici uffici deve essere
licenziato e non è necessario che si dia corso alla instaurazione di un procedimento
disciplinare. E’ quanto ci dice la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione
n. 30527/2024, per la quale “l’Amministrazione è vincolata all’applicazione del
licenziamento disciplinare come conseguenza della pena accessoria dell’interdizione
perpetua dai pubblici uffici”, per come previsto dall’articolo 85 del DPR n. 3/1957, nel testo
attualmente in vigore a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale. Ed ancora,
“l’Amministrazione, in presenza di una sentenza penale di condanna con pena accessoria
interdittiva, non può fare altro che disporre la cessazione dal servizio con un
provvedimento che non ha carattere né costitutivo, né discrezionale, venendo in rilievo un
atto vincolato, dichiarativo di uno status conseguente al giudizio penale definitivo nei
confronti del dipendente”.
Ed ancora, “il divieto di automatismi sanzionatori a seguito di condanna penale non è
applicabile nell’ipotesi di interdizione perpetua dai pubblici uffici è stato ribadito da questa
Corte, anche sulla scorta della giurisprudenza amministrativa, la quale ha ritenuto
l’inapplicabilità degli artt. 9 e 10 della legge n. 19/1990 nei casi in cui la perdita
dell’impiego costituisca effetto automatico di una sanzione penale accessoria, senza la
necessità di un procedimento disciplinare”.
Ed infine ci viene detto che: “a fronte della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici
uffici, il procedimento disciplinare è dunque superfluo; il rapporto non può in ogni caso
proseguire per effetto della pena accessoria”.