I dirigenti che sono revocati prima del decorrere di un triennio hanno diritto al risarcimento
anche nel caso in cui il contratto individuale prevede tale possibilità. E’ quanto ha stabilito
la ordinanza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 31005/2024.
Viene confermata la indicazione dei giudici di appello, per cui “l’ipotesi di recesso dal
contratto a tempo determinato di cui all’art. 110, D. Lgs. n. 267/2000 doveva ritenersi
sottordinata al rispetto dei principi stabiliti dal Codice civile e dalle leggi sul pubblico
impiego, con conseguente applicabilità dell’art. 2119 c.c., previsione con la quale la
clausola contrattuale di recesso anticipato si veniva a porre in contrasto, in quanto non
definiva in modo puntuale le ipotesi che non avrebbero consentito la prosecuzione del
rapporto; – il disposto di cui all’art. 110, D. Lgs. n. 267/2000 non attribuisce al Regolamento
dell’Ente locale la facoltà di regolamentare in maniera autonoma e diversa le ipotesi di
recesso anticipato, contemplando unicamente l’ipotesi della risoluzione di diritto collegata
al dissesto dell’Ente o ad una situazione di deficit strutturale; – la clausola contrattuale si
poneva in contrasto anche con l’art. 41, comma 2, lett. c), del Regolamento del COMUNE
(omissis), dal momento che quest’ultimo comunque subordina la revoca dell’incarico
precise e concrete ragioni di interesse pubblico, nella specie non individuate né
dimostrate”.
La sentenza della Cassazione stabilisce infine, con riferimento ai compensi che il dirigente
ha avuto da parte di altri soggetti per lo svolgimento di attività, che “l’aliunde perceptum
costituisce un’eccezione e, come avviene per tutte le eccezioni, deve essere provata da
chi la sollevi, vale a dire dal datore di lavoro ogni qual volta si discuta di danno da lucro
cessante, di talché sarebbe stato onere del datore di lavoro – e non del lavoratore –
provare anche il quantum di detto aliunde perceptum, senza limitarsi a contestare la
quantificazione equitativa cui il giudice del merito è stato costretto a ricorrere proprio per la
carenza delle allegazioni dello stesso comune”.