Le clausole dei contratti individuali in contrasto con le previsioni dettate dai CCNL devono
essere considerate nulle. Il caso specifico riguarda la liquidazione dei compensi per i
successi dei dirigenti avvocati con compensazione delle spese. Sono questi i principi
fissati dalla sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 21520/2024.
Leggiamo in primo luogo che: “in tema di pubblico impiego privatizzato, il principio di pari
trattamento di cui all’art. 45 del d.lgs. n. 165 del 2001 vieta trattamenti individuali
migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli previsti dalla contrattazione collettiva . In
particolare, l’atto con cui venga attribuito ad un dipendente un trattamento economico non
conforme alle previsioni di legge o del contratto collettivo è nullo ed obbliga la P.A.
all’azione di recupero di quanto indebitamente corrisposto. Questo orientamento,
peraltro, è consolidato presso la giurisprudenza di legittimità proprio in casi come quelli in
esame, nei quali si tratta del compenso spettante ai dipendenti-avvocati degli enti del
comparto sanità”. Di conseguenza, ha fatto bene “la corte territoriale che ha fondato la sua
decisione essenzialmente sulla non corrispondenza fra il trattamento economico reclamato
dai ricorrenti e la contrattazione collettiva nazionale”.
Viene inoltre evidenziato che “i ricorrenti, pur se avvocati, sono pubblici impiegati, con
l’effetto che il loro rapporto con l’ente di appartenenza è inderogabilmente regolato dalla
normativa sul pubblico impiego e dalla relativa contrattazione collettiva”.