Non spetta alla magistratura contabile chiarire se i dipendenti di una PA possano essere
remunerati per lo svolgimento dell’attività di componenti le commissioni di concorso della
propria amministrazione. E’ questo il principio affermato dalla deliberazione della sezione
autonomie della Corte dei Conti n. 9/2022, che afferma il seguente principio di diritto:
“Deve considerarsi inammissibile sotto il profilo oggettivo, in quanto attinente a materia
esorbitante dalla competenza della Corte dei conti, il quesito relativo all’interpretazione
dell’art. 3, commi 13 e 14, della legge n. 56/2019, nel senso di stabilire se sia consentito o
meno la remunerazione dei dipendenti per l’attività di presidente o di membro della
commissione esaminatrice di un concorso pubblico per l’accesso a un pubblico impiego
bandito da un ente locale, sia che i dipendenti appartengano ai ruoli dell’amministrazione
che bandisce la procedura, sia che appartengano ad altra amministrazione”.
La questione è legata alla interpretazione delle previsioni dettate dall’articolo 3, commi 13
e 14 della legge n. 56/2019, per la quale -sulla base delle modifiche introdotte dal d.l. n.
34/2020- non si applica il principio della onnicomprensività del trattamento economico
accessorio “ai compensi dovuti al personale dirigenziale per l’attività di presidente o di
membro della commissione esaminatrice di un concorso pubblico per l’accesso a un
pubblico impiego e della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione
delle pubbliche amministrazioni (RIPAM)”.