Sulla base delle regole attualmente in vigore, cioè prima della emanazione del Decreto del
Ministro della Pubblica Amministrazione di attuazione per i comuni delle previsioni dettate
dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, le capacità assunzionali delle amministrazioni pubbliche
e, in particolare, delle regioni e degli enti locali sono così fissate:
1) 100% dei risparmi derivanti dalle cessazioni dell’anno 2019;
2) 100% dei risparmi derivanti dalle cessazioni dell’anno 2020 (con l’avvertenza che le
relative assunzioni possono essere effettuate -intendendo con ciò non l’avvio della
procedura ma il perfezionamento e la stipula del contratto individuale- solamente
dopo che la cessazione del dipendente di cui si utilizzano i risparmi derivanti dalle
cessazioni è effettivamente intervenuta, nonchè con l’avvertenza che questa
possibilità è utilizzabile sia quest’anno che il prossimo e che essa non è limitata
solamente alle cessazioni sulla base della cd quota 100, ma si estende a tutte le
cessazioni);
3) capacità assunzionali non utilizzate del quinquennio precedente. Negli enti che non
erano assoggettati ai vincoli del patto di stabilità (cioè comuni fino a 1.000 abitanti,
unioni di comuni, consorzi di enti locali e comunità montane), il 100% dei risparmi
delle cessazioni o la diversa quota fissata dal legislatore può essere sostituito dal
100% delle cessazioni e le capacità assunzionali non utilizzabili sono quelle che
derivano a partire dal 2007, cioè dai risparmi derivanti dalle cessazioni intervenute
nell’anno 2016, ovviamente a condizione che non siano già state utilizzate.
Si deve ricordare che l’articolo 33 del d.l. n. 34/2019 non prevede l’abrogazione di queste
disposizioni, né la loro modifica. Le regole contenute in tale provvedimento, e che per i
comuni andranno applicate con le modalità dettate da un decreto del Ministro della
Pubblica Amministrazione, si aggiungono alle disposizioni appena sintetizzate. Esse
determineranno tre possibili effetti:
a) un aumento delle capacità assunzionali per i comuni cd virtuosi, cioè aventi un
rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti, al netto del fondo crediti di
dubbia esigibilità, al di sotto di quello fissato dal provvedimento;
b) imporranno ai comuni che sono al di sopra di tale rapporto di darsi un documento
che preveda il rientro entro il 2015 in un rapporto fissato dallo stesso provvedimento
per il rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti;
c) sulla base delle modifiche apportate dal comma 853 della legge n. 160/2019, cd di
bilancio 2020, i comuni che hanno un rapporto tra spesa del personale ed entrate
correnti compreso tra il valore fissato per gli enti virtuosi e quello fissato per le
amministrazioni cui viene imposto un obbligo di rientro, non possono aumentare la
spesa per il personale rispetto a quella registrata nell’ultimo rendiconto approvato. Il
che ripropone un vincolo assai rigido e che può produrre effetti assai distorsivi,
soprattutto nei piccoli comuni e che, non a caso, era stato superato dal d.l. n.
90/2014, con l’assunzione come tetto alla spesa del personale di quella media del
triennio 2011/2013 o, negli enti già non soggetti al patto di stabilità, di quella
dell’anno 2008.
Come si vede, si và da un possibile ampliamento delle capacità assunzionali, alla
adozione di un vincolo alla riduzione del rapporto tra spesa del personale ed entrate
correnti, alla imposizione della necessità di rispettare il tetto di spesa del personale
dell’anno precedente, quindi al più con possibili effetti di spostamento della data effettiva
dell’assunzione.
Per cui, prudenzialmente ed opportunamente, nel documento di programmazione del
fabbisogno di personale si disporrà che esso sarà aggiornato alla luce delle previsioni

dettate dall’emanando decreto del Ministro della PA, che comunque – si ripete- non
produce effetti immediati sulle assunzioni che sono già state programmate.