Sulla base delle previsioni dettate dall’articolo 33 hanno diritto ad usufruire dei permessi di
cui alla legge n. 104/1992  la madre lavoratrice, o il lavoratore padre, entro i primi tre anni
di vita del bambino; la madre lavoratrice, o il lavoratore padre, dopo il compimento del
terzo anno di vita del bambino disabile e poi a seguire nella maggiore età; i parenti o gli
affini che assistono la persona disabile che non è ricoverata a tempo pieno in istituto,
tranne che la certificazione medica richieda la specifica assistenza; i lavoratori disabili in
possesso del certificato di handicap grave ed i genitori adottivi o affidatari. Si deve
precisare che la fruizione da parte della madre o del padre è alternativa e che i permessi
per i genitori affidatari sono previsti solamente nell’ipotesi di disabili minorenni.
I parenti o affini che possono godere di questi permessi sono i seguenti: il genitore; il
coniuge; la parte dell'unione civile, la parte della coppia di fatto; il parente o l’affine entro il
secondo grado (esempio, nonni, nipoti in quanto figli del figlio, fratello). Inoltre, i parenti ed
affini di terzo grado (esempio, zii e bisnonni) possono fruire dei permessi lavorativi solo ad
una delle seguenti due condizioni: quando i genitori o il coniuge della persona con
handicap siano deceduti o mancanti; quando i genitori o il coniuge della persona con
handicap abbiano compiuto i 65 anni oppure sia affetto da patologie invalidanti. Per le
patologie invalidanti si deve fare riferimento a quelle previste dal Decreto Ministeriale n.
278/2000, previsto dalla legge n. 53/2000, cioè: “1) patologie acute o croniche che
determinano temporanea o permanente riduzione o perdita dell’autonomia personale, ivi
incluse le affezioni croniche di natura congenita, reumatica, neoplastica, infettiva,
dismetabolica, post-traumatica, neurologica, neuromuscolare, psichiatrica, derivanti da
dipendenze, a carattere evolutivo o soggette a riacutizzazioni periodiche; 2) patologie
acute o croniche che richiedono assistenza continuativa o frequenti monitoraggi clinici,
ematochimici e strumentali; 3) patologie acute o croniche che richiedono la partecipazione
attiva del familiare nel trattamento sanitario”.
Non sono più previsti i requisiti della assistenza esclusiva e continuativa né quello della
convivenza.
Sulla base del dettato normativo per ogni soggetto che è in condizione di handicap i
permessi possono essere utilizzati da una sola persona. Un dipendente può usufruire di
più permessi nel caso in cui ricorra una delle seguenti condizioni: coniuge, parente o affine
entro il primo grado o “entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona
con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano
anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.
Occorre che il portatore di handicap versi in una condizione grave perché un dipendente
residente a più di 150 km di distanza dal luogo di propria residenza, possa ottenere questo
beneficio. In tal caso occorre che sia fornita l’attestazione del raggiungimento del luogo di
residenza dell’assistito.