Utili indicazioni sono contenute nelle “Linee Guida per la misurazione e valutazione della
performance individuale”, Linee Guida n. 5/2019 che il Dipartimento della Funzione
Pubblica ha adottato in data 30 dicembre 2019. Esse ampliano ed approfondiscono le
indicazioni fornite dallo stesso Dipartimento nelle Linee Guida n. 2/2017.
Gli effetti positivi che ci dobbiamo attendere dalla corretta applicazione del dettato
legislativo sulla valutazione sono così sintetizzati: “sul piano individuale, consentendo la
valorizzazione delle capacità e delle competenze dei singoli anche attraverso la
definizione di percorsi di sviluppo e crescita professionale; sul piano organizzativo, in
quanto il miglioramento della performance dei singoli comporta inevitabilmente anche un
miglioramento dell’intera organizzazione e dei servizi da essa erogati; gli esiti della
valutazione, inoltre, possono essere utilizzati per ripensare eventualmente la struttura e/o i
processi organizzativi, attraverso attività di reingegnerizzazione”.
Le principali criticità fin qui emerse sono le seguenti: “una distinzione non sempre esplicita
e immediata fra performance organizzativa ed individuale; un limitato ricorso ad alcuni
elementi rilevanti del processo di misurazione e valutazione della performance individuale
(quali, ad esempio, i colloqui di feedback); un limitato impiego di strumenti quali i Dizionari
dei comportamenti attesi o i meccanismi di calibrazione ex ante ed ex post; una scarsa
differenziazione delle valutazioni”.
La valutazione delle performance individuali “oltre che per l’erogazione del trattamento
economico accessorio e per l’attribuzione di progressioni economiche e di carriera, deve
essere anche impiegata per: individuare i gap di competenza e definire percorsi formativi
e professionali specifici..; conferire incarichi di responsabilità”.
Nella performance individuale si deve tenere conto dei risultati e dei comportamenti; nel
sistema di valutazione i pesi di questi fattori, unitamente ai risultati organizzativi, vanno
attribuiti in modo differenziato a secondo delle finalità.
E’ utile valutare la introduzione di nuove metodologie, tra cui “la valutazione dal basso
(nella quale sono i collaboratori che esprimono un giudizio sul proprio superiore); la
valutazione fra pari (nella quale sono coinvolti i colleghi, soprattutto quelli con i quali si ha
un rapporto più costante e rilevante); la valutazione da parte di stakeholder esterni (per
esempio, da parte degli utenti di un servizio erogato dall’ufficio o di un campione di
cittadini opportunamente individuato o da altri portatori di interessi, fondamentale quando
si tratta di dipendenti a stretto contatto con il pubblico); la valutazione a 360° (che prevede
l’utilizzo combinato di tutte le forme di valutazione precedenti)”.
Nei sistemi di valutazione devono essere contenuti i seguenti elementi: “esplicitare il
rapporto fra performance individuale e performance organizzativa e relativi obiettivi;
contenere indicazioni di processo e di metodo che favoriscano il miglioramento delle
performance individuali e della qualità dei servizi resi; chiarire cosa debba intendersi per
valutazione negativa ai sensi dell’art. 3, comma 5-bis, del d.lgs. 150/2009; favorire la
differenziazione delle valutazioni; introdurre o potenziare l’impiego del Dizionario dei
comportamenti ai fini valutativi; agire sugli effetti del Sistema attraverso l’introduzione di
meccanismi di rewarding”. Occorre inoltre prevedere “meccanismi di confronto sistematico
tra valutato e valutatore, in tutte le principali fasi del processo”, cioè programmazione,
monitoraggio e valutazione. E’ strettamente connessa la indicazione della opportunità
della previsione di incontri di calibrazione della valutazione.
Una specifica attenzione è dedicata alla necessità di “declinare i comportamenti a livello
individuale, distinguendo gli oggetti di valutazione sulla base dei compiti e del ruolo
ricoperto dal singolo all’interno dell’organizzazione (posizione di lavoro). A tal fine,
costituiscono attività preliminari la mappatura dei profili professionali presenti all’interno
dell’organizzazione e la definizione delle attività/responsabilità che ciascun dipendente è

chiamato a svolgere/assumere, in base alla specifica professione e al ruolo ricoperto (job
description). Tali strumenti consentono all’amministrazione di sapere chi fa cosa all’interno
dell’organizzazione e rappresentano il presupposto per identificare le competenze ed i
comportamenti richiesti al singolo nella sua specifica posizione (job profile). Al fine di
introdurre una logica di gestione strategica delle risorse umane basata sulle competenze,
si ritiene necessario definire i comportamenti necessari per svolgere le diverse attività
organizzative in un apposito Dizionario.
I Dizionari dei comportamenti possono essere costruiti sulla base di logiche differenti a
partire, ad esempio, dalle famiglie professionali presenti nell’amministrazione piuttosto che
dai ruoli o dalle posizioni o dai valori/obiettivi strategici. I Dizionari indicano, quindi, a
partire dall’oggetto identificato, lo specifico profilo di competenze e comportamenti
richiesti. Tali comportamenti possono essere descritti sia in termini generali sia attraverso
la definizione del livello atteso per ciascun ruolo/posizione organizzativa.
I comportamenti, inoltre, possono fare riferimento a: competenze tecnico-specialistiche;
competenze professionali trasversali; competenze manageriali e di
leadership; comportamenti organizzativi”.
Bisogna infine dedicare una specifica attenzione anche alla definizione dei “meccanismi di
incentivazione e rewarding, attivati in conseguenza degli esiti della misurazione e
valutazione della performance individuale”.