La violazione di prescrizioni stabilite dall’ente sul divieto di svolgere specifiche attività ai
propri dipendenti non può essere assimilata alle violazioni dei vincoli legislativi sulla
incompatibilità ed inconferibilità. In questa direzione vanno le indicazioni contenute nella
deliberazione ANAC n. 600/2020. Viene stabilito espressamente che i divieti di svolgere
determinate attività all’interno dell’amministrazione imposti da un’amministrazione ai propri dipendenti configurano un fattispecie di incompatibilità interna di carattere eccezionale non riconducibile alle ipotesi di inconferibilità e di incompatibilità di cui al d.lgs. 39/2013.

Tali divieti sono stabiliti sulla base dell’individuazione fatta a priori dall’amministrazione di
situazioni di conflitto di interessi rispetto allo svolgimento da parte di propri dipendenti di
specifiche funzioni e attività all’interno della stessa. Essi incidono infatti sull’assetto
organizzativo e sul riparto dei compiti e delle attribuzioni tra i dipendenti, senza tuttavia
comportare limitazioni degli spazi di autonomia e di libertà individuali, come invece nelle
ipotesi di inconferibilità e di incompatibilità di cui al d.lgs. 39/2013. In ogni caso, ove tali
ipotesi di incompatibilità interna siano previste, può essere utile prevedere, nel PTPCT,
l’introduzione, accanto al regolamento che prevede l’incompatibilità, di misure di verifica e
monitoraggio dell’effettivo rispetto dei divieti stabiliti”.
In premessa viene rilevato che “la introduzione di specifiche regole interessi rappresenta
espressione della competenza di cui ogni amministrazione è titolare nel prevedere dei
meccanismi specifici di prevenzione, emersione e gestione di situazioni di conflitto di
interessi strettamente connessi alla specificità dei contesti ambientali, culturali e
organizzativi in cui operano i dipendenti”. Siamo in presenza di una scelta che l’ANAC
giudica come positiva.
Sempre in premessa il provvedimento ricorda che “disposizioni del d.lgs. 39/2013
costituiscono diretta attuazione di norme costituzionali (artt. 54 e 97 Cost.) e regolano il
passaggio da un incarico o funzione pubblica ad altro incarico o funzione parimenti di natura pubblica.

In tali casi si intende escludere per un determinato periodo di tempo il transito
dall’uno ad altro incarico, tra quelli indicati dalla norma, con lo scopo di prevenire conflitti di interesse e di evitare che il conferimento di ruoli così significativi per la gestione della cosa pubblica possa essere dettato da ragioni non coerenti con il corretto ed imparziale
svolgimento dell’attività pubblica”. Viene inoltre evidenziato che “la giurisprudenza
amministrativa ha ritenuto che le disposizioni di cui al d.lgs. 39/2013 siano norme di stretta
interpretazione che non trovano applicazione al di fuori delle ipotesi specificamente e
tassativamente indicate dalla normativa di riferimento atteso il divieto non solo di
interpretazione analogica, ma anche di interpretazione estensiva ex art. 14 delle
disposizioni preliminari c.c. (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 12 novembre 2014, n. 5583 e Tar
Catanzaro S, ez. I, 30 luglio 2018, n. 1454)” e che tale orientamento è stato fatto proprio
dall’ANAC.
Sulla gestione dei conflitti di interesse occorre fare riferimento all’articolo 6 bis della legge n.241/1990 ed al DPR n. 162/2013 e su questa materia la stessa ANAC non può intervenire.
Nell’ambito del conflitto di interessi, oltre a quello reale ed a quello potenziale, si aggiunge il
conflitto di interessi strutturale, che si realizza quando il conferimento di una carica è in linea con il dettato legislativo, in particolare con il citato d.lgs. n. 39/2013, ma si determina “una situazione di conflitto di interessi non limitata a una tipologia di atti o procedimenti, ma generalizzata in modo permanente, cd. strutturale, in relazione alle posizioni ricoperte e alle funzioni attribuite.

In altri termini, l’imparzialità nell’espletamento dell’attività amministrativa
potrebbe essere pregiudicata in modo sistematico da interessi personali o professionali
derivanti dall’assunzione di un incarico, pur compatibile”. In questi casi l’astensione
potrebbe non essere sufficiente, per cui le PA devono individuare le misure più idonee e la sede precipua è il Piano per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza.
Con riferimento ai divieti dettati da singole amministrazioni che stabiliscono che il titolare
“di particolari funzioni possa, contemporaneamente, assumerne altre che potrebbero
pregiudicare o limitare lo svolgimento imparziale delle prime o potrebbero, comunque, non
garantirne uno svolgimento corretto” l’ANAC si esprime positivamente a condizione che
abbiano un carattere eccezionale.. Questo tipo di decisioni sono basate sulla valutazione
della “sussistenza di situazioni di conflitto di interessi in presenza del ricorrere di determinate condizioni.

Questo tipo di valutazione, presenta analogie con quelle relative alla possibile
configurazione di conflitti di interessi strutturali.

Ad esempio la possibile sovrapposizione in capo ad uno stesso dipendente o tipologia di dipendenti della titolarità di attività autorizzate e, al contempo, di vigilanza e controllo sulle medesime attività autorizzate,genera un possibile conflitto di interessi, con conseguente lesione del principio di imparzialità”.
Infine, questo tipo di incompatibilità, definita interna, “incide sull’assetto organizzativo degli uffici e sul riparto delle attribuzioni tra i dipendenti senza tuttavia comportare limitazione degli spazi di autonomia e di libertà individuali, come invece nelle ipotesi di in conferibilità e di incompatibilità di cui al d.lgs. 39/2013”.