La programmazione del fabbisogno del personale appartiene alla competenza della giunta, mentre spetta ai dirigenti dare corso alla sua concreta attuazione. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a dare corso alla mobilità volontaria prima dello scorrimento di graduatorie, anche dello stesso ente. Le eventuali censure di illegittimità devono essere mosse anche nei confronti della programmazione del fabbisogno e non solo degli atti con cui viene data applicazione alle sue previsioni. Possono essere così riassunte le principali indicazioni contenute nelle recenti sentenze del Tar di Catanzaro n. 2181 e 2185, ambedue della fine del 2018.

La programmazione del fabbisogno del personale rientra nei “così detti atti di macro-organizzazione, espressione delle scelte discrezionali dell’amministrazione in tema di pubblico impiego, la cui competenza rientra certamente negli organi di governo e non anche in quella della dirigenza”. Ed ancora “tra i piani rientranti nelle competenze degli organi di governo –quale è la Giunta comunale- vi è il piano triennale di fabbisogni del personale espressamente previsto dal novellato art. 6 comma 2 del citato D.lgs. n. 165/2001”.
La seconda indicazione è la seguente: “per effetto della recente riforma attuata con il D.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, il piano triennale di fabbisogni del personale ha, dunque, acquisito un ruolo centrale divenendo, per come recentemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa e contabile, uno strumento strategico per individuare le esigenze di personale. Con l’adozione di tale piano, infatti, la pubblica amministrazione non si limita ad operare una asettica ricognizione numerica del fabbisogno organico, dovendo piuttosto prevedere –di ciò dandone adeguata motivazione in assenza di previsioni normative ad hoc- le specifiche modalità di reperimento del personale, allo scopo di garantire, tenuto conto delle risorse finanziarie necessarie e del rispetto degli equilibri di bilancio e del Patto di stabilità, il raggiungimento degli obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini, che devono complessivamente ispirare l’organizzazione degli uffici, secondo quanto previsto dall’art. 2 comma 1 del D.lgs. n. 165/2001 (cfr. Corte dei Conti, sez. contr. 13.07.2018, n. 111/2018; Cons. Stato, Sez. V 07.02.2018, n. 801/2018). In altri termini, è in sede di approvazione del piano di fabbisogno che l’organo di governo, e non certo la dirigenza, valuta, tra i tanti strumenti previsti dall’ordinamento ivi inclusa la mobilità, quale è quello da utilizzare per sopperire alle definite esigenze di personale”.
La terza indicazione è la seguente: “la ricostruzione fin qui effettuata trova conforto nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione civile secondo cui la “scelta” tra le varie modalità di reperimento (scorrimento graduatoria di concorsi già conclusi a fronte dell’avvio di procedure di mobilità ovvero dell’indizione di un nuovo concorso), costituisce espressione di un atto di macro-organizzazione, frutto di una valutazione discrezionale che impinge nel merito delle scelte organizzative degli uffici della stessa p.a., che l’art. 2 comma 1 D.lgs. b. 165/2001 mantiene in regime di diritto pubblico (cfr. Cassazione civile sez. un., 13/11/2018, n. 29080; 22/10/2018, n.26596; Cass. 1/6/2017, n. 13851; Un. 20/12/2016, n. 26272; 1/7/2016, n. 13534; Cass. 06/03/2009, n. 5588; Cass. 9 febbraio 2011, n. 3170; 13 giugno 2011, n. 12895)”. Nella sentenza 2181 leggiamo inoltre, con riferimento ai provvedimenti applicativi, che “la delibera di Giunta rientra, pertanto, nella categoria dei cd. atti amministrativi presupposti che, pur non essendo immediatamente lesivi, lo diventano con l’adozione dell’atto attuativo”.

Con riferimento alla prevalenza della mobilità volontaria rispetto allo scorrimento della graduatoria, leggiamo nella sentenza 2185/2018 del TAR di Catanzaro che “dall’art. 30 comma 2- bis, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 – secondo cui le Amministrazioni, prima di procedere all’indizione di pubblici concorsi finalizzati alla copertura di posti vacanti, devono attivare le procedure di mobilità esterna del personale di altre Amministrazioni pubbliche – si desume agevolmente la preferenza del legislatore per le procedure di mobilità esterna rispetto alle selezioni concorsuali e perciò anche rispetto allo scorrimento delle graduatorie concorsuali già pubblicate e tale prevalenza della mobilità rispetto al concorso ed allo scorrimento della graduatoria non risulta illogica, dal momento che risponde ad esigenze di efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa preferire l’utilizzazione di personale con esperienza acquista nell’esercizio dei compiti propri del posto da ricoprire, per aver già svolto la specifica funzione per un rilevante lasso di tempo continuativo, e perché si tratta di un lavoratore già stabilmente inserito nell’organizzazione della Pubblica amministrazione, non da reclutare mediante un’assunzione ex novo” (così T.A.R. Campania, Salerno, sez. I, 27/09/2018, n.1338; cfr. anche T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 14/06/2018, n.1225; TAR Bologna, Sez. I, 4.12.2017 n. 794; TAR Salerno Campania, Sez. I, 10.10.2017 n. 1465; Cass. Civ. Sez. lav., 18.05.2017 n. 12559; Consiglio di Stato sez. III, 13/12/2016, n.5231). La procedura di cui all’art. 30 D.lgs. n.165/2001 costituisce, pertanto, una ipotesi di base per il reclutamento dei pubblici dipendenti, per come riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale che, con la sentenza 30 luglio 2012, n. 211, investita della questione di legittimità dell’art. 13 della legge della Regione Basilicata 4 agosto 2011, n. 17, l’ha rigettata ritenendo che tale legge prescrivesse correttamente il ricorso obbligatorio alle procedure di mobilità dell’art. 30, comma 1 d. lgs. n. 165 del 2001, prima che si potesse procedere all’utilizzazione delle graduatorie degli altri concorsi precedentemente espletati, oppure, in mancanza, di indirne di nuovi”.