Per la sentenza della quinta sezione del Tar della Campani n. 6448/2022 il contenzioso
sulla graduazione delle posizioni dirigenziali spetta al giudice ordinario e non a quello
amministrativo.
Ci viene ricordato che per “orientamento granitico .. la giurisdizione ordinaria in materia di
rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni contrattualizzato può
essere esclusa solo allorquando la controversia investa direttamente o un atto
appartenente alla procedura concorsuale oppure un atto c.d. di macroorganizzazione,
avente ad oggetto la fissazione delle linee e dei principi fondamentali dell’organizzazione
degli uffici, nel cui quadro i rapporti di lavoro si costituiscono e si svolgono, caratterizzati
da uno scopo esclusivamente pubblicistico, sul quale non incide la circostanza che gli
stessi, eventualmente, influiscono sullo status di una categoria di dipendenti, inidoneo ed
insufficiente a connotarli delle caratteristiche degli atti adottati iure privatorum”.
La graduazione delle posizioni dirigenziali per la determinazione della indennità di risultato
non è un atto di “di macro-organizzazione; la discrezionalità in materia di organizzazione
degli uffici è stata infatti già esercitata dal Comune con le deliberazioni che hanno ripartito
le strutture ed assegnato alle stesse materie e funzioni e che costituiscono presupposto
degli atti qui censurati in principalità, fungendo da parametri della cd. pesatura”.
Altresì occorre rispettare il principio che “nella giurisdizione del giudice ordinario rientra il
potere di verificare, in via incidentale, la legittimità degli atti generali di
autoregolamentazione dell’ente pubblico (per eventualmente disapplicarli), qualora il
giudizio verta su pretese attinenti al rapporto di lavoro e riguardi, quindi, posizioni di diritto
soggettivo del lavoratore, in relazione alle quali i suddetti provvedimenti di
autoregolamentazione costituiscono solamente atti presupposti”.
In conclusione, “l’interesse sostanziale azionato in giudizio, ovvero la posizione giuridica
dedotta, assume pertanto la consistenza del diritto soggettivo ad una retribuzione
adeguata e proporzionata alle responsabilità e alle funzioni svolte e non è identificabile
nell’interesse legittimo a contestare l’esercizio di poteri autoritativi dell’amministrazione”.