Dallo 1 gennaio 2020 le amministrazioni comunali “virtuose” nel rapporto tra spesa del
personale ed entrate correnti potranno effettuare assunzioni a tempo indeterminato in
misura superiore alle capacità assunzionali; quelle in cui tale rapporto è “medio” dovranno
restare nel tetto delle capacità assunzionali, ma non sono obbligati ad adottare un piano di
“rientro”; e quelle in cui è più “alto” dovranno non solo restare entro tale tetto, ma
dovranno anche adottare un piano che consenta loro di rientrare nel 2025 entro i
parametri fissati dal provvedimento, che sono più elevati di quelli previsti per gli enti cd
virtuosi. Nel caso di aumenti di personale il fondo deve essere incrementato, mentre nel
caso di diminuzione del personale esso non deve essere ridotto. Sono queste le principali
indicazioni contenute nello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
sull’applicazione dell’articolo 33 del citato decreto crescita per i comuni su cui è stata
raggiunta nei giorni scorsi l’intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
L’articolo 33 del d.l. n. 34/2019 prevede che le amministrazioni possano aggiungere
ulteriori capacità assunzionali se sono in possesso dei parametri di virtuosità previsti dal
DPCM nel rapporto tra spese del personale ed entrate correnti, queste ultime senza
considerare il fondo crediti di dubbia esigibilità.
Come già disposto per le regioni dal DPCM 3 settembre (pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale del 4 novembre) vengono fornite le indicazioni per il calcolo della spesa del
personale e delle entrate correnti. La spesa per il personale deve essere così conteggiata:
“impegni di competenza per spesa complessiva per tutto il personale dipendente a tempo
indeterminato e determinato, per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per
la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all’articolo 110 del d.lgs. n. 267/2000,
nonchè per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico
impiego, in strutture e organismi variamente denominati, partecipati o comunque facenti
capo all'ente, al lordo degli oneri riflessi ed al netto dell'IRAP, come rilevati nell'ultimo
rendiconto della gestione approvato”. Si deve evidenziare che non vi sono deroghe di
sorta, per cui i maggiori oneri derivanti dai rinnovi contrattuali, il costo del personale della
cd quota d’obbligo, le risorse trasferite dallo Stato, dalla regione o da altre PA in caso di
comando, le forme di salario accessorio previste da disposizioni di legge etc, vanno
inclusi; mentre per espressa indicazione non deve essere inclusa l’Irap. Quindi, come già
avveniva negli anni in cui le amministrazioni dovevano calcolare la incidenza della loro
spesa per il personale sulla spesa corrente, non vi sono deroghe, che invece si
continuano ad applicare per attestare che l’ente non ha nell’anno precedente superato il
tetto di spesa del personale mediamente sostenuto nel triennio 2011/2013 ovvero, negli
enti già non soggetti al patto di stabilità, nell’anno 2008.
Le entrate correnti devono essere così calcolate: “media degli accertamenti di competenza
riferiti alle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto
del fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato nel bilancio di previsione relativo alla ultima
annualità considerata”. Dal che sembra potersi desumere che viene offerta una lettura
limitativa del fondo crediti di dubbia esigibilità, cioè della voce che deve essere detratta
dalle entrate correnti
Infine, in perfetta analogia con quanto dettato dal DPCM dello scorso 3 settembre per le
regioni, viene -ancorchè in modo ambiguo- chiarito che l’aumento del personale rispetto a
quello in servizio al 31.12.2018 determinerà un corrispondente incremento del fondo per la
contrattazione decentrata, mentre la sua diminuzione non obbligherà -come invece
previsto dal legislatore- le amministrazioni a dare corso ad una sua corrispondente
diminuzione. Ed ancora che queste disposizioni produrranno i propri effetti dallo 1.1.2020.