Negli anni dal 2011 al 2014 occorreva tagliare i fondi per la contrattazione decentrata in
misura proporzionale alla diminuzione del personale in servizio: lo ricorda la sentenza
della Corte di Cassazione, sezione lavoro, n. 6930/2021. L’articolo 9, comma 2 bis, del d.l.
n. 78/2010 “deve essere interpretato nel senso che il limite delle risorse disponibili
destinate annualmente al trattamento accessorio deve essere cristallizzato nell’importo
corrispondente a quello dell’anno 2010; le risorse eventualmente disponibili, in ragione
della riduzione del numero dei dirigenti in servizio, non possono essere utilizzate o
mantenute disponibili nei fondi contrattuali i quali devono essere automaticamente ridotti di tutte le risorse in origine destinate al trattamento, fondamentale ed accessorio, dei
dipendenti cessati dal servizio, qualunque sia il Fondo e quali che siano la sua
denominazione e la sua destinazione: le risorse messe a disposizione dei fondi per il
personale in servizio che non siano utilizzate per incrementare quelle destinate al
trattamento accessorio ma restano acquisite al fondo ed a partire dall’anno 2015 sono
decurtate di un importo pari alle riduzioni operate .. dalla decurtazione del fondo non deve
derivare alcun peggioramento del trattamento economico, fondamentale ed accessorio
percepito dai dirigenti in servizio rispetto a quello percepito prima della decurtazione del
fondo per effetto di cessazioni dal servizio”.
L’articolo 9 comma 1 del d.l. n. 78/2010 ha disposto il divieto, per tutti i dipendenti pubblici,
di superare negli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico individuale in
godimento nel 2010 ed il comma 2 bis ha disposto che negli anni dal 2011 al 2014
“l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio
del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni .. non può
superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è comunque automaticamente ridotto
in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio”. Aggiunge la Corte “che il
legislatore ha voluto escludere che le risorse eventualmente disponibili, in ragione della
riduzione del numero dei dirigenti in servizio, possano essere utilizzate o mantenute
disponibili nei fondi contrattuali ed ha previsto che questi devono essere automaticamente
ridotti di tutte le risorse in origine destinate al trattamento, fondamentale ed accessorio, dei
dipendenti cessati dal servizio, qualunque sia il fondo e quale che sia la sua destinazione.
La misura di rafforzamento del limite imposto alla crescita della spesa relativa ai
dipendenti pubblici prescinde dalla provenienza delle risorse destinate alla contrattazione
collettiva, con la conseguenza che quelle messe a disposizione dei fondi che non sono
utilizzate, in ragione della riduzione del numero dei dirigenti in servizio, non possono
essere attribuite ai dirigenti rimasti in servizio, non possono essere attribuite ai dirigenti
rimasti in servizio, ma restano acquisite al fondo ed a partire dall’anno 2015 sono
decurtate di un importo pari alle riduzioni operate”.
Di conseguenza: “ove vi siano nel corso di ciascun anni cessazioni dal servizio, in
applicazione della previsione dell’articolo 9, comma 2 bis, le risorse in origine destinate
alla remunerazione dei dirigenti cessati devono essere decurtate nella loro interezza..
Diversamente opinando le risorse finanziarie destinate ai dirigenti non più in servizio e non
più utilizzabili comporterebbero l’aumento della consistenza del Fondo e, dunque, il suo
consolidamento in un importo maggiore rispetto a quello previsto per l’anno 2010, con
conseguente mortificazione della lettera della norma e della sua finalità (cristallizzazione
dei Fondi). In altri termini, le riduzioni della spesa delle amministrazioni per la retribuzione
del personale, conseguenti al venir meno di uno o più rapporti di lavoro, costituiscono
economie di bilancio, non redistribuibili tra i dirigenti in servizio”.