Per la deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti del Veneto n.
104/2020 i comuni privi di dirigenti possono rinunciare ad una parte delle proprie capacità
assunzionali per destinarle al finanziamento degli aumenti del salario accessorio delle
posizioni organizzative che erano già state conferite alla data di entrata in vigore del
CCNL del 21 maggio 2018.
Sulla base delle previsioni dettate dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, le assunzioni di
personale nei comuni subordinate alle seguenti condizioni: adozione e coerenza con i
piani triennali dei fabbisogni di personale; rispetto pluriennale  dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione; spesa complessiva per tutto il personale dipendente, al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, non superiore al valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione”.
Sulla base delle previsioni dettate dall’articolo 11 bis, comma 2, del d.l. n. 135/2018 “il
differenziale da escludere dal computo di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n.
75/2017 (nda il tetto al salario accessorio che non può superare quello del 2016) è
soltanto il valore della maggiorazione delle indennità attribuite alle posizioni organizzative
già in servizio al momento dell’entrata in vigore del contratto collettivo nazionale e tale
maggiorazione deve, in ogni caso, essere contenuta nei limiti di spesa per il personale,
prevista dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della Legge n. 296/2006. Tale possibilità è,
inoltre, sottoposta ad altre condizioni e precisamente: a) alla riduzione della capacità
assunzionale dell’ente in misura corrispondente al valore finanziario dell'incremento del
trattamento accessorio attribuito ai titolari di posizione organizzativa; b) la spesa
complessiva del personale deve in ogni caso essere inferiore alla spesa media sostenuta
nel triennio 2011-2013 (comma 557-quater dell'articolo 1 della legge 296/2006) ovvero,
per gli enti con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, alla spesa sostenuta nell'anno 2008
(comma 562 della legge finanziaria 2007); c) tenuta degli equilibri di parte corrente”.
Leggiamo nella deliberazione che “l’operatività della citata norma (nda articolo 11 bis,
comma 2, d.l. n. 135/2018), infatti, non risulta essere venuta meno, a ragion del fatto che la
stessa, nel fare riferimento alle somme che l’ente può destinare alle assunzioni a tempo
indeterminato, non procede ad un rinvio diretto ed esplicito a specifiche disposizioni di
legge”.
Ecco le conclusioni della deliberazione dei giudici contabili del Veneto: “l’ente, ove, in
applicazione della citata nuova normativa sulle assunzioni, abbia acquisito capacità
assunzionale in quanto ricompreso in una fascia che consenta di elevare la propria spesa
del personale – c.d. enti virtuosi o, addirittura, intermedi, potendo questi ultimi effettuare
assunzioni di personale a tempo indeterminato a condizione di non superare il rapporto tra
spesa del personale ed entrate correnti dell’esercizio precedente – potrà ben rinunciare a
parte di detta capacità per adeguare le retribuzioni di risultato e posizione avvalendosi
dell’art. 11-bis, comma 2, del più volte citato. D.L. 135/2018 convertito con la Legge n.
12/2019”.