A giudizio della sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 22928/2019 i
periodi di assenza per l’assistenza ad un congiunto disabile possono essere non calcolati
ai fini della maturazione del comporto solamente se l’ente ne viene adeguatamente e
tempestivamente informato.
La prima considerazione è la seguente: “il lavoratore, che intenda fruirne (nda del congedo
per l’assistenza ai congiunti disabili), ha l'obbligo di presentare la richiesta di congedo
straordinario al proprio datore di lavoro, secondo ciò che emerge chiaramente dalle
previsioni del Decreto Ministeriale 21 luglio 2000, n. 278 – Regolamento recante
disposizioni di attuazione della L. 8 marzo 2000, n. 53, articolo 4, concernente congedi per
eventi e cause particolari”.
Viene aggiunto che “si tratta di una esigenza di contraddittorio tra il dipendente e il datore
di lavoro, che permea l'intera normativa e che il Regolamento, al comma 3 dell'articolo 2,
pone quale limite essenziale dell'autonomia collettiva, laddove prevede che i contratti
collettivi possano disciplinare il procedimento per la richiesta e per la concessione, o il
diniego del congedo”. La sentenza aggiunge di seguito che non “rileva che tali previsioni,
e con esse la configurazione di un obbligo per il lavoratore di richiedere il congedo
straordinario al datore di lavoro, siano formulate in una fonte non primaria”.
Ed inoltre, leggiamo che “un eventuale mutamento del titolo dell'assenza avrebbe richiesto
un'istanza in tal senso rivolta al datore di lavoro, prima della scadenza del periodo di
comporto e al fine di sospenderne il decorso, come recentemente precisato da
Cassazione n. 8834/2017 in un caso – sovrapponibile al presente – di mutamento del titolo
dell'assenza da malattia a ferie”.
Infine, ci viene detto che “in tema di licenziamento per superamento del periodo di
comporto, devono essere inclusi nel calcolo del periodo, oltre ai giorni festivi, anche quelli
di fatto non lavorati, che cadano durante il periodo di malattia indicato dal certificato
medico, operando, in difetto di prova contraria (che è onere del lavoratore fornire), una
presunzione di continuità, in quei giorni, dell'episodio morboso addotto dal lavoratore
quale causa dell'assenza dal lavoro e del mancato adempimento della prestazione dovuta,
con la precisazione che la prova idonea a smentire tale presunzione di continuità può
essere costituita solo dalla dimostrazione dell'avvenuta ripresa dell'attività lavorativa”.