A seguito della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 108 del 27 aprile del decreto 17
marzo della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica
“Misure per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato
dei comuni” si è avviata una radicale modifica delle scelte legislative sulle capacità
assunzionali a tempo indeterminato dei comuni, con il superamento del turnover e la
introduzione del legame tra la possibilità di effettuare assunzioni di personale ed il rispetto
di uno specifico tetto nel rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti. Queste
nuove regole sono operative per i comuni dallo scorso 20 aprile, mentre per le regioni si
applicano già dallo 1 gennaio e si attende la fissazione del termine a partire dal quale sarà
applicabile per le province e le città metropolitane. Sempre a partire dallo scorso 20 aprile i
comuni in cui si registra un aumento del numero di dipendenti possono incrementare il
fondo per la contrattazione decentrata in deroga al tetto al salario accessorio, utilizzando
gli strumenti contrattuali. Sono molti gli aspetti ancora poco chiari del decreto, con
particolare riferimento alla abrogazione o meno delle regole in vigore sulle capacità
assunzionali, stante la mancanza di una abrogazione esplicita e che a parere di chi scrive
non si può ritenere che vi sia stata una abrogazione implicita, nonché alla presenza di una
fase di transizione che salvaguardi le assunzioni avviate in pendenza all’atto della entrata
in vigore del decreto ed agli effetti sul fondo, sia per ciò che riguarda quello per le
posizioni organizzative che per la dirigenza, nonché alla estensione al personale assunto
a tempo determinato ed alle modalità di determinazione degli incrementi. Attendiamo la
circolare illustrativa da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica e della Ragioneria
Generale dello Stato.
Si può comunque prevedere che gli effetti di aumento del numero di dipendenti si
potranno avere solamente in pochi enti, che la introduzione delle nuove regole
determinerà una condizione di incertezza sia sulla programmazione del fabbisogno del
personale negli anni successivi sia sulla determinazione del fondo nel corso degli anni. Ed
infine, se non vi saranno correzioni, nei prossimi anni il rapporto tra spesa del personale
ed entrate correnti peggiorerà notevolmente a seguito degli effetti della epidemia da
COVID-19, con effetti negativi sulle capacità assunzionali degli enti, anche a seguito delle
eventuali assunzioni aggiuntive effettuate in applicazione della possibilità offerta dal
decreto.

Fascia demografica Comuni virtuosi % incremento spesa personale 20182020- 2021- 2022- 2023 – 2024 Comuni intermedi Comuni non virtuosi
Fino a 1000 29,5% 23           29       33       34         35 Da 29,51% a 33,49% 33,5%
Da 1000 a 1999 28,6% 23           29       33       34         35 Da 28,61% a 32,59% 32,6%
Da 2000 a 2999 27,6% 20           25       28       29         30 Da 27,61% a 31,59% 31,6%
Da 3000 a 4999 27,2% 19           24       26       27         28 Da 27,21% a 31,19% 31,2%
Da 5000 a 9999 26,9% 17           21       24       25         26 Da 26,91% a 30,89% 30,9%
Da 10000 a 59999 27% 9             16       19       21         22 Da 27,1% a 30,99% 31%
Da 60000 a 249999 27,6% 7             12       14     15         16 Da 27,61% a 31,59% 31,6%
Da 250000 a 1499999 28,8% 3             6           8       9       10 Da 28,81% a 32,79% 32,8%
Da 1500000 25,3% 1,5           3           4     4,5       5 Da 25,31% a 29,29% 29,3%

Sulla base del provvedimento i comuni, in relazione al rapporto tra spesa del personale

del 2018 e media delle entrate correnti del triennio 2016/2018 depurate dal fondo crediti di
dubbia esigibilità previsto nel bilancio 2018, saranno collocati in una delle tre fasce, che
possono essere così definite: enti virtuosi, enti intermedi, enti non virtuosi.
I primi potranno aumentare la propria spesa del personale delle percentuali fissate dallo
stesso provvedimento, a condizione che con tali incrementi rimangano sempre entro il
tetto della virtuosità nel rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti. Questi
aumenti di spesa vanno in deroga al tetto della spesa del personale, cioè quella che negli
enti già soggetti al patto di stabilità si è avuta mediamente nel triennio 2011/2013 e negli
enti che non erano soggetti a tale vincolo si è registrata nel 2008. Vincolo che, quindi,
continua a permanere come previsione di carattere generale e come condizione per le
assunzioni.
I comuni della fascia intermedia possono continuare ad effettuare assunzioni di personale
a tempo indeterminato a condizione che non superino il rapporto tra spesa del personale
ed entrate correnti dell’esercizio precedente.
I comuni che sono collocati nella fascia più alta devono rientrare nella soglia massima del
rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti degli enti della fascia cd intermedia
entro il 2025. Gli enti inadempienti, a partire da tale anno, potranno effettuare assunzioni
di personale nel tetto del 30% delle cessazioni dell’anno precedente.
Si deve segnalare che, per effetto della formulazione contenuta nel decreto, la spesa del
personale deve essere calcolata senza le deroghe che sono previste dal comma 557 della
legge n. 296/2006, cioè il metodo per calcolare se l’ente ha o meno rispettato il tetto alla
spesa del personale. Quindi, occorre includere -solo per citare le voci di maggiore rilievo- i
maggiori oneri derivanti dai rinnovi contrattuali, i costi per il personale della cd quota
d’obbligo, le risorse che sono trasferite da altre PA per il personale (ad esempio i contributi
per la stabilizzazione degli LSU), gli oneri per le assunzioni flessibili dei vigili finanziate dai
proventi delle sanzioni per l’inosservanza del codice della strada, i diritti di rogito dei
segretari, gli incentivi previsti da disposizioni di legge (tranne quelli per le funzioni
tecniche). Vanno inclusi gli oneri riflessi, mentre non si deve includere l’Irap. Sulla base di
questa disposizione si determina un rilevante aumento della spesa del personale rispetto
al calcolo effettuato ordinariamente per verificare il rispetto del tetto della spesa 2011/2013
(o 2008 negli enti che non erano soggetti al patto di stabilità).
Il fondo per il salario accessorio a partire dal 2020 può essere incrementato, superando il
tetto delle analoghe risorse dell’anno 2016, dai comuni in cui è cresciuto il numero dei
dipendenti in servizio rispetto al 31 dicembre 2018. Nonostante la previsione legislativa,
non si deve dare corso a nessuna riduzione del fondo per il salario accessorio in caso di
diminuzione del personale in servizio. Questa possibilità, al pari dell’applicazione delle
regole sulle assunzioni, può essere utilizzata dai comuni a partire dal 20 aprile. Il decreto,
come già quello emanato per le regioni, esclude -a differenza di quanto invece previsto
dall’articolo 33 del d.l. n. 34/2019- la possibilità o il vincolo di dare corso ad una riduzione

di queste risorse in caso di diminuzione del personale in servizio. L’obiettivo che vuole
conseguire è quello di lasciare invariata la incidenza media del personale sul fondo per la
contrattazione decentrata.
Nella concreta applicazione di questa previsione occorre subito evidenziare che si creano
degli elementi di complicazione nella costituzione del fondo per la contrattazione
decentrata. In particolare:
– La decorrenza iniziale per l’anno 2020 è fissata al 20 aprile, quindi le nuove regole
si applicano per 2/3 dell’anno in corso, arrotondando la data alla fine del mese di
aprile;
– In via ordinaria viene stabilito un legame tra la consistenza del fondo e la modifica
del numero dei dipendenti in servizio, per cui occorre dare corso alla applicazione di
questa disposizione con riferimento al personale effettivamente in servizio. La
finalità della disposizione, cioè lasciare inalterata la media pro-capite del salario
accessorio in godimento nel 2018, sembra infatti escludere la possibilità di fare
ricorso alla cd media aritmetica prevista dalla Ragioneria Generale dello Stato
come modo per calcolare il taglio del fondo da effettuare negli anni dal 2011 al
2014 in caso di riduzione del personale in servizio.
Si deve segnalare che l’incremento del fondo non opera in modo automatico e può essere
realizzato solamente utilizzando le condizioni previste dal contratto nazionale.
Le regole contrattuali in vigore consentono un incremento della parte stabile del fondo
luogo con la RIA e gli assegni ad personam dei dipendenti cessati nell’anno precedente.
Questo incremento, che ordinariamente va compreso nel tetto del fondo per il salario
accessorio del 2016, negli enti in cui si è avuto un aumento del personale in servizio
rispetto al 2015 può invece essere effettuato in deroga a tale soglia. Altro strumento
utilizzabile è quello connesso all’incremento delle dotazioni organiche, ex articolo 67,
comma 5, lettera a), del CCNL 21.5.2018. Questo strumento va utilizzato se l’aumento del
personale in servizio ha un carattere permanente e strutturale, il che si concretizza in caso
di variazione in crescita della dotazione organica.
Le norme contrattuali consentono l’incremento della parte variabile del fondo per la
contrattazione decentrata attraverso uno dei seguenti tre strumenti. In primo luogo,
l’incremento fino allo 1,2% del monte salari 1997, articolo 67, comma 3, lettera h) del
CCNL 21.5.2018. In secondo luogo attraverso l’inserimento di risorse aggiuntive connesse
alla realizzazione degli obiettivi, anche di mantenimento, ex articolo 67, comma 5, lettera
b) del citato contratto. In terzo luogo attraverso i proventi dei piani di razionalizzazione di
cui all’articolo 16 del d.l. n. 98/2011 e/o attraverso una quota delle risorse derivanti dalla
cessione di servizi, consulenza e/o sponsorizzazioni. Ricordiamo che le risorse previste da
questa terza possibilità vanno in ogni caso in deroga al tetto del salario accessorio.
Occorre inoltre aggiungere che gli incrementi di cui detto, tranne l’ultima voce, non
possono essere applicati dagli enti che si trovano in condizioni di anomalia finanziaria.
Sulla base del dettato del decreto della Funzione Pubblica appare necessario che siano
forniti dei chiarimenti operativi in particolare per i seguenti tre aspetti: il calcolo della
incidenza delle risorse destinate alle posizioni organizzative, la inclusione o meno dei
dipendenti a tempo determinato nella base di calcolo e la eventuale estensione di questo
meccanismo ai dirigenti.
LE CAPACITA’ ASSUNZIONALI DEI PICCOLI COMUNI
La deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Emilia
Romagna n. 32/2020 ha chiarito che la mobilità volontaria entra, a seguito delle nuove
disposizioni, nel calcolo del rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti, che
consente di determinare le capacità assunzionali delle amministrazioni.

Il principio tradizionale era che i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, per
come affermato dalla deliberazione della sezione autonomie della Corte dei Conti n.
4/2019, “nel rispetto di tutte le altre disposizioni normative che disciplinano l’assunzione
presso le amministrazioni pubbliche e ferma restando la vigenza di entrambi i vincoli posti
dall’art. 1, comma 562, della legge n. 296/2006, la determinazione dei limiti assunzionali
ivi contenuti, può prescindere dalla corrispondenza numerica tra personale cessato e
quello assumibile, a condizione che permanga l’invarianza della spesa e, quindi, venga
rispettato il tetto di spesa per il personale sostenuto nell’anno 2008. Conseguentemente,
purché si verifichino dette condizioni, il limite assunzionale può ritenersi rispettato
anche quando, a fronte di un’unica cessazione a tempo indeterminato e pieno, l’Ente,
nell’esercizio della propria capacità assunzionale, proceda a più assunzioni a tempo
parziale che ne assorbano completamente il monte ore”.
E’ però intervenuta la disposizione di cui all’articolo 33 del d.l. n. 34/2019, che per i comuni
è diventato operativo con il Decreto del Ministro per la Pubblica Amministrazione del 17
marzo 2020.
Sulla base di queste disposizioni viene chiarito che “la nuova disciplina non fa più
riferimento ad un limite di spesa e cioè all’ammontare della spesa complessiva per il
personale sostenuto dall’ente nel 2008, con esclusione degli oneri relativi ai
rinnovi contrattuali, ma individua una diversa modalità di governo della spesa corrente per
spesa di personale, e cioè una facoltà assunzionale dell’ente calcolata sulla base di un
valore di soglia,  definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della
media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati dall’ente, calcolate
al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE). Si tratta dunque di una diversa
regola assunzionale con la quale viene indirettamente sollecitata la cura dell’ente nella
riscossione delle entrate e la definizione, con modalità accurate, del FCDE. Sicché, nel
momento in cui l’ente procederà a bandire una procedura per l’assunzione di una o più
unità di personale a tempo indeterminato occorrerà verificare se sussistano gli
spazi assunzionali consentiti dal valore di soglia di spesa come sopra disciplinato”. Inoltre,
“l’omesso riferimento agli oneri relativi ai rinnovi contrattuali appare del tutto coerente con
la nuova modalità di governo della spesa introdotta dal legislatore.. Elemento differenziale
da segnalare è dato anche dalla non riconduzione dell’Irap tra le spese da prendere in
considerazione per quantificare le spese del personale”. Inoltre, “la peculiarità del nuovo
parametro è dunque la flessibilità che in una situazione fisiologica (e dunque al netto di
quella contingente, eccezionale e di emergenza) responsabilizza l’ente sul versante della
riscossione delle entrate il cui gettito medio nel triennio potrà, se in aumento, offrire anche
ulteriori spazi assunzionali”.
LA FUNZIONE PUBBLICA SULLE ASSUNZIONI
La “circolare sul DM attuativo dell’art. 33, comma 2, del Decreto-legge n. 34/2019 in
materia di assunzioni di personale” dei Ministri della Pubblica Amministrazione, della
Economia e Finanze e dell’Interno contiene i seguenti chiarimenti:
1) Per la fase di prima applicazione, leggiamo che “con riferimento al solo anno 2020,
possono esser fatte salve le procedure (nda di assunzione a tempo indeterminato) purché
siano state effettuate entro il 20 aprile le comunicazioni obbligatorie ex articolo 34 bis della
legge n.165/2001 e successive modifiche ed integrazioni, sulla base dei piani triennali del
fabbisogno e loro eventuali aggiornamenti secondo la normativa vigente. Quanto precede
solo ove siano state operate le relative prenotazioni nelle scritture contabili”. E,
disposizioni strettamente collegate, “la maggiore spesa di personale rispetto ai valori
soglia, derivante dal far salve le predette procedure assunzionali già avviate, è consentita
solo per l’anno 2020. Pertanto, a decorrere dal 2021, i comuni di cui al comma 3
dell’articolo 6 del decreto attuativo (nda i comuni della cd fascia intermedia), che, sulla

base dei dati 2020, si collocano, anche a seguito della maggiore spesa, fra le due soglie
assumono – come parametro soglia a cui fare riferimento nell’anno successivo per valutare
la propria capacità assunzionale – il rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti
registrato nel 2020 calcolato senza tener conto della predetta maggiore spesa del 2020. I
comuni di cui al comma 1 dell’articolo 6 del decreto attuativo (nda quelli che hanno il
rapporto più elevato), che si collocano sopra la soglia superiore, nel 2021 devono
conseguire un rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti non superiore a quello
registrato nel 2020 calcolato senza tener conto della predetta maggiore spesa del 2020”;
2) Sulla determinazione della spesa del personale leggiamo che essa deve essere calcolata
sulla base del “macroaggregato BDAP: U.1.01.00.00.000 (nda redditi da lavoro
dipendente), nonché i codici spesa U1.03.02.12.001 (nda Acquisto di servizi da agenzie di
lavoro interinale); U1.03.02.12.002 (nda Quota LSU in carico all'ente); U1.03.02.12.003
(nda Collaborazioni coordinate e a progetto); U1.03.02.12.999 (nda Altre forme di lavoro
flessibile n.a.c., cioè non altrimenti considerate)”;
3) Per le entrate correnti viene chiarito che sono quelle relative “ai titoli I, II e III: 01 Entrate
titolo I, 02 Entrate titolo II, 03 Entrate titolo III, Rendiconto della gestione, accertamenti”.
Inoltre, il “FCDE è quello stanziato nel bilancio di previsione, eventualmente assestato,
con riferimento alla parte corrente del bilancio stesso”. Si precisa inoltre che “i Comuni che
hanno optato per l’applicazione della tariffa rifiuti corrispettiva secondo l’articolo 1, comma
668, della legge n.147/2013 e hanno in conseguenza attribuito al gestore l’entrata da Tari
corrispettiva e la relativa spesa, la predetta entrata da TARI va contabilizzata tra le entrate
correnti, al netto del FCDE di parte corrente, ai fini della determinazione del valore soglia”;
4) I comuni virtuosi “non sono tenuti ad approvare una nuova deliberazione dei piani
assunzionali, essendo sufficiente la certificazione di compatibilità dei piani già approvati
con la nuova disciplina”. Per questi enti i valori percentuali di incremento della spesa del
personale “rappresentano un incremento rispetto alla base spesa di personale 2018, per
cui la percentuale individuata in ciascuna annualità successiva alla prima ingloba la
percentuale degli anni precedenti”. Questa percentuale di incremento può essere superate
“nel caso di Comuni che abbiano a disposizione facoltà assunzionali residue degli ultimi 5
anni (c.d. resti assunzionali). Ciò vuol dire che il Comune può utilizzare i propri resti
assunzionali anche in deroga ai valori limite annuali”;
5) I comuni non virtuosi devono ridurre la incidenza della propria spesa di personale sulle
entrate correnti. A tal fine “possono operare sia sulla leva delle entrate che su quella della
spesa di personale, eventualmente “anche” applicando un turn over inferiore al 100 per
cento. I comuni della cd fascia intermedia “in ciascun esercizio di riferimento, devono
assicurare un rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti non superiore a quello
calcolato sulla base dell’ultimo rendiconto approvato”. Sia per gli enti non virtuosi che per
quelli della cd fascia intermedia non viene detto nulla sulla necessità di dovere adottare
nuovamente la programmazione del fabbisogno del personale;
6) La neutralità della mobilità volontaria rispetto alle capacità assunzionali per gli enti che
hanno vincoli alle assunzioni, di cui all’articolo 14, comma 7, del DL n. 95/2012, è riferita
ad una scelta legislativa in cui questo tetto è stato fissato sulla base del cd turnover: di
conseguenza, “essa deve ritenersi non operante per i comuni che siano pienamente
assoggettati alla vigenza della disciplina fondata sulla sostenibilità finanziaria (nda i
comuni cd virtuosi). Conseguentemente le amministrazioni di altri comparti, nonché
province e città metropolitane, che acquisiranno personale in mobilità da comuni
assoggettati alla neo-introdotta normativa non potranno più considerare l’assunzione
neutrale ai fini della finanza pubblica, ma dovranno effettuarla a valere sulle proprie facoltà
assunzionali. Quanto precede al fine di assicurare la neutralità della procedura di mobilità
a livello di finanza pubblica complessiva. In termini operativi, sarà necessario che –
nell’ambito dei procedimenti di mobilità extra compartimentali e nella programmazione

triennale del fabbisogno di personale – si dia espressamente conto di tale circostanza.
Viceversa, la norma continua a essere operante per gli enti che – secondo le modalità
precedentemente indicate – continuano ad applicare transitoriamente la previgente
normativa”.
Sul tetto del fondo, viene ribadito che “il limite iniziale (nda il fondo del 2018) non è oggetto
di riduzione in caso di cessazioni superiori alle assunzioni di personale a tempo
indeterminato realizzatesi in vigenza” della disposizione. Non viene chiarito se questo tetto
opera anche per il fondo dei dirigenti. Ed ancora, non vengono fornite indicazioni sulle
modalità di calcolo dell’incremento del fondo: a parere di chi scrive, sulla base del dettato
legislativo che fa riferimento alla incidenza media pro-capite del salario accessorio e delle
risorse per le indennità delle posizioni organizzative del 2018, si deve trarre la conclusione
che tale calcolo debba essere effettuato con riferimento al trattamento economico
effettivamente in godimento. E non vengono fornite indicazioni neppure sulla inclusione o
meno dei dipendenti a tempo determinato.
Ci viene infine detto che il decreto crescita dispone “il superamento delle attuali regole
fondate sul turn-over e l’introduzione di un sistema maggiormente flessibile, basato sulla
sostenibilità finanziaria della spesa di personale”, ma al riguardo non viene affermato che
le precedenti disposizioni sono abrogate: a parere di chi scrive esse si devono considerare
ancora in vigore.
Mancano indicazioni sulla applicazione alle unioni dei comuni ed alle comunità montane:
la non inclusione sembra determinare come conseguenza, che tali enti non vanno
compresi in questo ambito.