La violazione delle regole per il conferimento di incarichi di collaborazione fa maturare la
responsabilità anche in capo agli amministratori che hanno disposto in questo senso. In
questa direzione vanno le indicazioni contenute nella sentenza della sezione
giurisdizionale della Corte dei Conti del Molise n. 9/2019.
In premessa, leggiamo che “l'insindacabilità, nel merito, delle scelte discrezionali compiute
dai soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti non comporta la sottrazione
di tali scelte gestorie ad ogni possibilità di controllo, purché limitato alla conformità alla
legge che regola l'attività amministrativa anche sotto l'aspetto funzionale, laddove
l'indagine riguardi l'accertamento – eseguito alla stregua dei parametri normativi vigenti in
materia e dei principi di rango costituzionale conformatori dell'azione amministrativa – della
ragionevolezza, della logicità, della proporzionalità: vale a dire se gli strumenti utilizzati
dagli amministratori e dipendenti pubblici risultino razionali, congrui ed adeguati oppure
estranei rispetto ai fini di interesse pubblico perseguiti, in via generale o in modo specifico,
dal legislatore non potendo, comunque, prescindere, l'azione della P.A., dalla valutazione
che involge il rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti”.
Nel merito ci viene detto che “costituisce regola fondamentale dell'ordinamento giuridico
che la Pubblica Amministrazione debba provvedere ai compiti istituzionali avvalendosi
della propria organizzazione e del proprio personale, sicché l'affidamento di consulenze e
collaborazioni esterne va ritenuta ipotesi del tutto eccezionale, soggetta a regole
particolarmente stringenti”. Le relative violazioni determinano un danno erariale in quanto i
vincoli legislativi al conferimento di incarichi di collaborazione sono dettati per il
contenimento di questa voce di spesa.
I requisiti che il conferimento di incarichi di collaborazione devono soddisfare sono i
seguenti: “a) l'incarico deve essere legato a problemi che richiedono conoscenze ed
esperienze eccedenti le normali competenze; b) l'incarico deve caratterizzarsi in quanto
non implicante svolgimento di attività continuativa ed ordinaria ma, anzi, la soluzione di
specifiche problematiche già individuate al momento del conferimento dell'incarico del
quale debbono costituire l'oggetto; c) l'incarico deve presentare le caratteristiche della
specificità degli obiettivi perseguiti e della temporaneità della prestazione altamente
qualificata; d) l'incarico non deve rappresentare uno strumento per ampliare,
surrettiziamente, compiti istituzionali e ruoli organici dell'ente; e) il compenso connesso
all'incarico deve essere determinato e proporzionale all'attività svolta anziché liquidato in
maniera forfettaria; f) la delibera di conferimento deve essere adeguatamente motivata; g)
l'incarico ed i criteri di conferimento non devono essere generici, astratti o indeterminati”.
Siamo in presenza di un quadro legislativo che è caratterizzato da “un sostanziale
disfavore verso tali incarichi”.
Ed ancora, leggiamo che l’esame degli atti di conferimento di tali incarichi “rivela
l'esplicitazione generica, scarna e ripetitiva delle ragioni che hanno condotto alla loro
adozione, in luogo dell'analitica indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni
giuridiche che hanno determinato la decisione dell'Amministrazione, in relazione alle
risultanze dell'istruttoria, anche quest'ultima rivelatasi del tutto difettosa ed insufficiente.
Invero, deve escludersi la possibilità dell'integrazione postuma delle motivazioni, a seguito
di eventuali contestazioni erariali, dovendo i requisiti e presupposti di legittimità delle
delibere adottate sussistere già nel momento del conferimento – nel caso di specie, delle
proroghe – di detti incarichi. Infine, il Collegio rileva anche la mancanza, nella fattispecie, di
una preventiva ed apposita indizione ed espletamento di procedura selettiva comparativa
nella scelta dei collaboratori con le prescritte forme di pubblicità mediante avviso pubblico
sul sito internet aziendale ed all'Albo dell'Azienda. Detto operato è idoneo a frustrare
proprio quei fondamentali principi di trasparenza e di concorrenzialità che incrementano la
possibilità di scelta meritocratica connaturale all'agere delle PP.AA., a garanzia dei principi

di legalità, di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa presidiati da
norme di rango costituzionale (art. 97 Cost.)”.
La sentenza ci dice che “la condotta si rivela antigiuridica ed antidoverosa poiché contraria
ai canoni di diligenza che avrebbero imposta di ravvedersi e nel prodigarsi, senza ritardo e
per quanto di rispettiva competenza, nell'adottare ogni misura idonea a rimuovere la
situazione di evidente illegalità in corso”.
Quanto al requisito soggettivo, “risultano destituite di fondamento le argomentazioni
difensive elaborate dai convenuti secondo cui la responsabilità esclusiva o, quanto meno,
concorrente, sia ascrivibile ai predecessori dirigenti con riferimento alle sole delibere
assunte, precedentemente, da questi ultimi; infatti, proprio in quanto responsabili della
struttura e rivestenti ruoli apicali, nonché a conoscenza delle condizioni e della natura
delle prestazioni richieste ai professionisti esterni, i convenuti medesimi non avrebbero
dovuto violare i doveri di servizio loro incombenti, osservando un comportamento
maggiormente diligente e perfettamente esigibile. E, invero, entrambi i convenuti, per
quanto di rispettiva competenza, sono incorsi in una condotta gravemente colposa,
commissiva ed omissiva, costituita dall'assenza di un'approfondita verifica della necessità
dell'esternalizzazione delle attività di collaborazione in questione con idonea valutazione –
a seguito di previa istruttoria ammnistrativa – della possibilità di assegnare tali compiti e
funzioni al personale presente in servizio all'interno dell'ente, e della sussistenza degli
ulteriori presupposti legali dianzi precisati; esse avrebbero dovuto astenersi dal rinnovare
o prorogare contratti in questione e dal consentire l'illecita prosecuzione della
collaborazione dannosa per il periodo in questione, relativo all'arco temporale 2011-2012,
frutto di una ingiustificata decisione assunta dal Direttore Generale con il contributo
consultivo causalmente rilevante del Direttore Sanitario. Dimodoché deve ritenersi
illegittima e, come tale, va disapplicata la norma regolamentare che sottrae il rinnovo
dell'incarico all'espletamento di una nuova procedura comparativa”. Viene infine
evidenziato che “depone per tale qualificazione giuridica della condotta dei convenuti la
piana e completa conoscenza – o doverosa conoscibilità che questi avrebbero dovuto
avere – del quadro normativo di riferimento, nonché dei principi e dei criteri di matrice
giurisprudenziale affermati in materia di affidamenti e di proroghe di incarichi esterni”.