Sono i singoli enti a dovere stabilire se l’esperienza maturata presso un’altra
amministrazione debba o meno essere considerata ai fini della valutazione della
performance triennale che serve alla individuazione dei dipendenti che devono essere
destinatari delle progressioni, mentre l’anzianità maturata presso un’altra amministrazione
va calcolata ai fini della determinazione di quella minima necessaria per potere partecipare
alle selezioni per le progressioni. E’ questa una delle indicazioni contenute nel parere Aran
CFL 123, che riassume i principali nessi che si stabiliscono tra le progressioni e la mobilità
volontaria di cui all’articolo 30 del d.lgs. n. 165/2001.
La prima indicazione è che l’arco triennale della valutazione della performance individuale
fissato dall’articolo 16, comma 3, del CCNL 21.5.2018 “non rappresenta un requisito di
partecipazione, ma l’inderogabile arco temporale di riferimento relativo agli esiti della
valutazione della performance individuale da considerare ai fini dell’attribuzione della
progressione economica orizzontale”. Quindi, l’Aran ci raccomanda di distinguere. Da un
lato, il requisito biennale della anzianità dell’assunzione e/o del collocamento nella
posizione precedente di progressione economica, che costituisce una condizione non
superabile per la partecipazione alla selezione. Aggiungiamo che tale condizione non può
essere modificata dalla contrattazione collettiva decentrata integrativa. Dall’altro lato, la
valutazione triennale è la componente essenziale da utilizzare ai fini della formazione della
graduatoria per la individuazione dei beneficiari di questa forma di incentivazione.
La seconda indicazione è la seguente: spetta alle singole amministrazioni decidere “se, ai
fini della valutazione della performance individuale del triennio che precede la data di
attivazione dell’istituto, nella declinazione dei criteri attinenti all’esperienza dei dipendenti
interessati nell’ambito professionale di riferimento, possa essere considerata, per i
dipendenti provenienti da una procedura di mobilità, anche l’esperienza maturata presso
l’amministrazione di provenienza”.
La terza indicazione è la seguente: si deve tenere “conto anche del periodo di
permanenza maturato dal dipendente nella posizione economica acquisita presso l’ente di
provenienza. Infatti, in base alla disciplina generale dell’istituto della mobilità il rapporto di
lavoro del dipendente, instaurato originariamente presso l’ente di provenienza, prosegue
senza soluzione di continuità presso l’ente di destinazione con gli stessi contenuti e
caratteristiche e con la garanzia anche del mantenimento del trattamento giuridico ed
economico già in godimento”.