La sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 13912/2021 contiene
numerose indicazioni per lo svolgimento dei procedimenti disciplinari nel pubblico impiego:
le decisioni dell’UPD possono essere comunicate anche dal solo presidente; la mancata
protocollazione dei relativi atti non determina la illegittimità del provvedimento disciplinare;
l’UPD deve essere distinto dalla struttura in cui il dipendente svolge la sua attività ed il
termine iniziale decorre dalla piena conoscenza del fatto.
“La formazione della volontà resta distinta dalla manifestazione, sicché mentre la prima si
deve formare all’interno dell’organo collegiale, secondo le regole che ne presiedono il
funzionamento, all’esterno l’organo agisce in persona del soggetto che lo rappresenta,
sicché gli atti ben possono essere sottoscritti solo da quest’ultimo .. non ha giuridico
fondamento la tesi secondo cui dalla natura perfetta del collegio deriverebbe la necessità
che tutte le persone fisiche che lo compongono assumano anche all’esterno la paternità
dell’atto, sottoscrivendolo .. devono essere collegialmente compiute solo le attività
valutative e deliberative vere e proprie (rispetto alle quali sussiste l’esigenza che tutti i suoi
componenti offrano il proprio contributo ai fini di una corretta formazione della volontà
collegiale) e non anche quelle preparatorie, istruttorie o strumentali, verificabili a posteriori
dall’intero consesso … la contestazione degli addebiti, con la quale si da’avvio al
procedimento disciplinare, non ha natura decisoria nè è espressione di un potere
discrezionale, in quanto nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato, a differenza
dell’impiego privato, l’iniziativa disciplinare è doverosa, tanto che la sua omissione è fonte
di responsabilità per il soggetto tenuto ad attivare il procedimento”.
“Anche per gli atti amministrativi la catalogazione in ordine cronologico, tramite
apposizione di un numero progressivo, cosiddetto di protocollo, riportato in un registro,
costituisce elemento non irrilevante di buon andamento dell’Amministrazione per l’ordinata
conservazione e l’agevole reperibilità nel tempo degli atti stessi; ma non può considerarsi
requisito di validità del provvedimento, i cui elementi costitutivi – motivazione, dispositivo,
data di emanazione – sono riportati nell’atto stesso ed attestati dalla firma dell’autorità
competente”. Peraltro, i procedimenti disciplinari non costituiscono procedimenti
amministrativi.. per tali procedimenti l’utilizzazione della protocollazione degli atti può
essere utile, ma si tratta di una mera scelta di modalità organizzative della P.A., la cui
mancata adozione non può avere alcuna incidenza sulla validità del procedimento
disciplinare e sulla sussistenza della causa dell’atto di recesso datoriale, la cui legittimità è compito del giudice del merito valutare”.
“Ai fini della legittimità della sanzione, rileva che sia stato garantito il principio di terzietà,
sul quale riposa la necessaria previa individuazione dell'ufficio dei procedimenti, il che
postula solo la distinzione sul piano organizzativo fra detto ufficio e la struttura nella quale
opera il dipendente;
“Ai fini della decorrenza del termine perentorio previsto per la conclusione del
procedimento disciplinare dall’acquisizione della notizia dell’infrazione, assume rilievo
esclusivamente il momento in cui tale acquisizione, da parte dell’ufficio competente
regolarmente investito del procedimento, riguardi una notizia di infrazione di contenuto tale
da consentire allo stesso di dare, in modo corretto, l’avvio al procedimento disciplinare,
nelle sue tre fasi fondamentali della contestazione dell’addebito, dell’istruttoria e
dell’adozione della sanzione; il suddetto termine non può, pertanto, decorrere a fronte di
una notizia che, per la sua genericità, non consenta la formulazione dell’incolpazione e
richieda accertamenti di carattere preliminare volti ad acquisire i dati necessari per
circostanziare l’addebito; ciò comporta che la contestazione può essere ritenuta tardiva
solo qualora la P.A. rimanga ingiustificatamente inerte, pur essendo in possesso degli
elementi necessari per procedere, nel senso anzidetto.. ciò vale anche nell’ipotesi in cui il procedimento disciplinare abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti sui quali è in corso un procedimento penale, per cui sarebbe ammessa la sospensione del primo, e che,
comunque, ai fini disciplinari, vanno valutati in modo autonomo e possono portare anche
al licenziamento del dipendente”.