LA GESTIONE ASSOCIATA

Materiale didattico del dott. Arturo Bianco

Al momento in cui queste note vengono redatte è in vigore la proroga di 6 mesi del termine per l’avvio della gestione associata delle funzioni fondamentali da parte dei comuni con popolazione compresa tra 1.000 e 5.000 abitanti disposta dal DL n. 216/2011 (cd milleproroghe). Il Parlamento sta esaminando la possibilità di allungare tale proroga a 9 mesi e di estenderla anche ai comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.

1) LA GESTIONE ASSOCIATA NEI COMUNI FINO A 1.000 ABITANTI

I comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti devono necessariamente gestire in forma associata “tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici loro spettanti”. Per cui in capo ai singoli comuni non dovrebbe residuare alcun tipo di compiti. Questa disposizione viene dettata con le seguenti finalità:

  • assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e l’ottimale coordinamento della finanza pubblica”,
  • assicurare il contenimento delle spese degli enti territoriali”,
  • assicurare il migliore svolgimento delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici”.

Tali finalità corrispondono agli scopi che il legislatore vuole perseguire con l’insieme delle norme sulla gestione associata, ma si deve anche rilevare che la disposizione ha un’altra finalità: apprestare da subito gli argomenti difensivi per i possibili ricorsi dinanzi alla Corte Costituzionale, peraltro già annunciati da parte dell’Anci e dei piccoli comuni. Le disposizioni rivendicando le finalità del coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa suggeriscono che la materia debba essere compresa nell’ambito della competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni (si deve comunque ricordare che il corretto esercizio di questa competenza richiede, sulla scorta dei principi dettati dalla Consulta, che la norma statale si limiti unicamente a dettare i principi, lasciando ampi margini alla legislazione regionale). Con il richiamo alle funzioni si vuole stabilire un nesso diretto ed immediato con la competenza legislativa esclusiva che lo Stato ha in materia di disciplina delle funzioni fondamentali degli enti locali. Per molti versi, siamo cioè dinanzi alla riedizione di quanto dettato dal DL n. 78/2010.

Da evidenziare che il testo della legge di conversione stabilisce che il calcolo degli abitanti, anche se se per la verità il riferimento è dettato per le unioni attivate dai piccolissimi comuni, debba essere effettuato ricorrendo alle regole di cui all’articolo 156 del DLgs n. 267/2000, cioè alla popolazione residente al 31 dicembre del penultimo anno precedente e non ai dati dell’ultimo censimento.

Sono esclusi dall’obbligo della gestione associata solamente i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti che sono gli unici centri in un’unica isola o in più isole, nonché il comune di Campione d’Italia.

Il termine per la istituzione è dettato direttamente da parte della stessa disposizione. Si stabilisce, al comma 9 dell’articolo 16, che le nuove unioni dovranno nascere non prima del 2013, cioè della prima elezione successiva al 13 agosto 2012 anche in uno solo dei comuni interessati. Si deve arrivare a tale conclusione perché il legislatore ci dice che “dal giorno di proclamazione degli eletti del comune che, successivamente al 13 agosto 2012, sia il primo interessato al rinnovo” in questi centri decadono le giunte. Ed in quanto il comma 1 ci dice che “a decorrere dalla data di cui al comma 9 i comuni esercitano obbligatoriamente in forma associata” tutti i loro compiti e le loro attività. Quindi, anche se in modo più tortuoso, il percorso voluto dal legislatore è il seguente: un anno di tempo (il 13 agosto è la data di entrata in vigore del decreto) alle amministrazioni per prepararsi, periodo che però di fatto viene allungato fino alla primavera del 2013, in quanto nel nostro paese abbiamo un unico turno elettorale amministrativo, che è appunto quello primaverile. L’unica possibile eccezione è costituita dalle eventuali elezioni di un comune avente popolazione inferiore a 1.000 abitanti e sciolto per sospetto di infiltrazioni mafiose, in cui le elezioni amministrative possono svolgersi durante tutto l’anno, cioè alla scadenza della durata in carica della commissione straordinaria.

Occorre ricordare, vedi meglio infra, che il legislatore prevede che questi comuni possono non dare corso alla istituzione di una unione se dimostrano di avere avviato in modo concreto ed efficace la gestione associata di tutte le funzioni e di tutti i servizi tramite convenzioni. Opzione che non inficia il carattere unitario che la scelta del modello di gestione deve comunque avere, nel senso che –vedi meglio infra- questi comuni devono essere associati in modo che la forma prescelta superi tutte le altre.

Passiamo adesso alla partecipazione dei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti a queste unioni. Il comma 2 dell’articolo 16 lo consente in modo esplicito: siamo nell’ambito di una possibilità e non di un obbligo, in questo senso la disposizione è esplicita, prevedendo che tali centri “hanno facoltà di aderire”. Per cui queste unioni possono vedere anche la partecipazione di amministrazioni di maggiore dimensione. Da sottolineare che il legislatore non pone un tetto massimo al numero degli abitanti dei comuni che possono aderire a tale forma di gestione associata. Il riferimento deve essere inteso essenzialmente ai municipi che hanno fino a 5.000 abitanti, ciò sia per ragioni logiche sia per esplicita indicazione normativa, ma non vi è un espresso obbligo in questa direzione. Tali centri possono inoltre sulla base del dettato legislativo aderire a queste unioni, ma devono delegare ad esse solamente le “funzioni fondamentali .. ed i servizi ad esse inerenti”. Da evidenziare che, a differenza della elencazione delle materie che devono essere oggetto di gestione associata da parte dei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti ed inferiore a 5.000 viene aggiunto il riferimento ai “servizi inerenti” alle funzioni fondamentali, ma questa formula sembra caratterizzarsi essenzialmente per la maggiore precisione e non può essere definita come una significativa modifica dell’elencazione delle materie formulata da parte del legislatore. La eventuale adesione dei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti alla unione costituita tra questi piccolissimi centri serve comunque a dare risposta al vincolo della gestione associata cui sono sottoposti i municipi con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Come si vede, siamo in presenza di un ambito applicativo che è significativamente diverso e ridotto, in quanto le funzioni fondamentali coprono solamente una parte delle attività degli enti locali. Occorre inoltre aggiungere che il legislatore offre ai comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti la possibilità di gestire in modo associato “tutte le funzioni ed i servizi pubblici loro spettanti sulla base della legislazione vigente”. Cioè, riprendendo quasi integralmente (l’unica differenza è la mancanza dell’aggettivo “amministrative” riferito alle funzioni –ma non siamo in alcun modo in presenza di una diversità significativa) i compiti assegnati alle unioni dei comuni nei centri fino a 1.000 abitanti, si offre a questi centri la possibilità di cedere integralmente la gestione di tutte le proprie attività. Per amor di precisione si deve evidenziare che il legislatore offre queste due possibilità, la gestione associata di tutte le funzioni fondamentali ovvero di tutte le funzioni, e che non sembra consentire alla ipotesi che si dia luogo ad una formula intermedia, quale la attribuzione sia delle funzioni fondamentali che di altre, lasciando comunque all’ente un nucleo, anche se ridotto, di compiti. Da sottolineare che potremo quindi avere unioni dei comuni costituite tra gli enti con popolazione inferiore a 1.000 abitanti “a geometria variabile”:

  • unioni solo tra comuni aventi popolazione compresa fino a 1.000 abitanti;
  • unioni di comuni tra enti che hanno fino a 1.000 abitanti a cui partecipano municipi con popolazione maggiore, con la gestione per queste amministrazioni solo delle funzioni fondamentali;
  • unioni di comuni tra enti che hanno fino a 1.000 abitanti a cui partecipano municipi con popolazione maggiore, con la gestione per queste amministrazioni di tutte le funzioni ed i servizi attribuiti dal legislatore ai comuni.

Nel giudizio dell’Anci la diversità nella partecipazione dei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti è colta e viene, anzi, sottolineata con molta attenzione: “il comma 2 prevede che possono (dunque non vi è obbligo) aderire all’unione di piccolissimi comuni” anche i comuni con più di 1.000 abitanti; la norma fa riferimento – in questo caso – non più a tutte le funzioni e servizi pubblici”, ma a tutte le funzioni fondamentali loro spettanti” nonché i servizi inerenti. L’ultimo periodo del comma in esame prevede – dichiaratamente come alternativa” – anche la facoltà di esercitare mediante l’unione tutte le funzioni e tutti i servizi pubblici spettanti”[1].

Da sottolineare le conseguenze assai diverse sulla permanenza della giunta in questi centri nel caso di assegnazione alla unione di tutte le funzioni (il che determina la decadenza di tale organo) o di assegnazione delle sole funzioni fondamentali (il che determina la permanenza di tale organo), vedi anche infra.

Il legislatore non ha dettato alcuna specifica regola procedurale sul meccanismo attraverso cui i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti possono partecipare a queste unioni. Sicuramente, occorre una scelta volontaria da parte dei comuni maggiore e non vi è alcun vincolo. Occorre comunque decidere se siamo in presenza di una scelta da definire come ricettizia, cioè prevedendo che la unione possa formulare proprie indicazioni, nel senso in particolare della accettazione o meno della richiesta, ovvero se essa non debba avere alcuna voce in capitolo. Questa seconda opzione non appare in alcun modo convincente, per cui la soluzione deve, a parere di chi scrive, essere trovata nell’ambito dell’incontro la volontà del comune di aderire e l’accettazione di tale richiesta da parte della unione. Il che dovrebbe trovare in sede statutaria della unione una forma di codificazione. Sempre che sul punto non decida di intervenire la regione, suggerendo specifici percorsi, anche ad esempio attraverso la definizione degli ambiti territoriali ottimali.

Le unioni dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti non sono un soggetto completamente nuovo come previsti dal testo iniziale del DL n. 138/2011, che aveva previsto la istituzione delle unioni municipali. Per esplicita indicazione dei commi 1 e 3 dell’articolo 16 del DL n. 138, come convertito dalla legge n. 148/2011, esse sono regolamentate dall’articolo 32 del DLgs n. 267/2000, fatte salve le modifiche dettate per i commi 2, 3 e 5 dalla manovra di ferragosto del 2011. Ricordiamo che il comma 2 stabilisce che l’atto costitutivo, lo statuto della unione e le modifiche siano adottati a maggioranza assoluta dai consigli dei comuni aderenti e che lo statuto disciplina gli organi, le modalità di costituzione e gli organi della unione. Il comma 3 prevede che il presidente della unione debba comunque essere uno dei sindaci e che dei suoi organi, oltre ai sindaci, facciano parte solamente consiglieri e/o assessori, comunque garantendo la rappresentanza delle minoranze. Il comma 5 stabilisce l’applicazione dei principi dettati dall’ordinamento per i comuni, con l’apposizione del vincolo per cui il numero massimo degli amministratori non deve superare quello di un comune che ha la stessa popolazione. Il comma si chiude sancendo che alle unioni spetta la gestione delle risorse provenienti da tasse, tariffe e contributi sui servizi dalla stessa gestiti.

Quindi, il legislatore abbandona la idea contenuta nel testo iniziale di dare vita ad una nuova istituzione, l’unione municipale, ma ritiene comunque necessario introdurre delle specifiche deroghe alle regole generali dettate per le unioni dei comuni, talchè esse avranno una serie di peculiarità che la differenziano da quelle ordinare: come vedremo le principali sono che non si applicano le regole dettate dal legislatore in materia di composizione del consiglio che il legislatore potrà stabilire l’elezione diretta dei suoi organi, che il presidente debba necessariamente essere uno dei componenti il consiglio (e non obbligatoriamente un sindaco come previsto dall’articolo 32 del TUEL per le unioni) ed infine che il presidente dura per 2 anni e mezzo rinnovabili. La disposizione legislativa impone inoltre a queste unioni la prescrizione che la giunta è nominata da parte del presidente ed i suoi componenti devono essere necessariamente sindaci. Sempre alla legge nazionale è assegnata la possibilità di prevedere la eventuale elezione diretta degli organi di governo delle unioni. Ed ancora si dispone, sempre in deroga all’articolo 32 del DLgs n. 267/2000, che lo statuto è approvato dal consiglio dell’unione e non dai consigli comunali.

Tali deroghe al dettato normativo sono, per la gran parte delle scelte, spiegate dalla scelta di valorizzare il ruolo centrale dello strumento di gestione associata, a scapito delle prerogative dei singoli comuni. Per un altro di dettare alcune semplificazioni e snellimenti. Ma non si deve dimenticare che alcune di queste modifiche non sembrano essere coerenti con lo spirito complessivo della disposizione. In particolare tale censura va alla previsione per cui il presidente della unione potrà anche non essere uno dei sindaci dei comuni aderenti.

Passiamo adesso all’esame analitico delle deroghe che il legislatore stabilisce per queste unioni rispetto ai principi di carattere generale.

Con il comma 4 abbiamo dettata la disciplina peculiare della programmazione economico finanziaria. Tale disposizione è così sintetizzata dall’Anci: “il comma 4 affida all’unione, per conto dei comuni che ne sono membri, la programmazione economico-finanziaria e la gestione contabile di cui alla Parte II del TUEL, con riferimento alle funzioni da essi esercitate per mezzo dell’unione. Nell’ambito del piano generale di indirizzo deliberato dall’unione entro il 15 ottobre, i consigli comunali dei comuni membri dell’unione deliberano, entro il 30 novembre, un documento programmatico. Lo stesso comma rinvia ad un regolamento statale: il procedimento amministrativo-contabile di formazione e di variazione del documento programmatico; i poteri di vigilanza sulla sua attuazione; la successione nei rapporti amministrativo-contabili tra ciascun comune e l’unione”[2]. Per cui tutta la gestione finanziaria è affidata alla unione dei comuni relativamente alle attività svolte in modo associato. E’ questa una previsione che per molti aspetti è da considerare superflua rispetto alle previsioni di carattere generale contenute nel comma 1, in base alle quali tutte le funzioni ed i servizi sono assegnati alla unione. E’ comunque evidente la volontà del legislatore di sottolineare la centralità del ruolo dell’organismo di gestione associata. Si deve sottolineare che il legislatore (indicazione peraltro ripetuta più volte nel corso dell’articolo 16) formula una riserva di carattere generale in base alla quale la gestione associata della programmazione finanziaria opera “con riferimento alle funzioni da essi esercitate per mezzo dell’unione”, con il che lascia una porta a compiti che continuano ad essere esercitati da parte dei singoli comuni. L’assegnazione alla unione della gestione finanziaria determina la conseguenza che i singoli enti non dovrebbero più approvare il bilancio di previsione, tranne che per i compiti residui ad essi attribuiti, né gli altri strumenti contabili, se non eventualmente per i propri compiti residui. Essi concorrono alla approvazione del bilancio della unione tramite l’adozione di un “documento programmatico, nell’ambito del piano generale di indirizzo”. Il legislatore prevede che, ogni anno, prima sia approvato dalla unione il piano generale di indirizzo, il che deve concretizzarsi entro il 30 ottobre, e poi i comuni approvano il proprio documento programmatico, dopo di che si darà corso alla adozione del bilancio preventivo. La materia sarà disciplinata da un regolamento del Governo da adottare entro la metà del mese di marzo 2012, cioè entro i 180 giorni successivi alla entrata in vigore della legge di conversione. Tale regolamento sarà adottato su proposta del Ministro dell’Interno, sentito il Ministro per le riforme. In tale documento saranno disciplinati i procedimenti di approvazione dei documenti, in particolare di quello programmatico, nonché i poteri di vigilanza attribuiti ai singoli comuni ed ancora la “successione nei rapporti amministrativo-contabili tra ciascun comune e l’unione”. Dal che ne ricaviamo che in questo documento sarà regolamentata la materia, in particolare alla luce degli spazi di autonomia lasciati ai singoli municipi, nonché i rapporti tra i comuni e la unione.

Il comma 5 dispone che la unione succeda ai singoli comuni in tutti i rapporti giuridici, ovviamente per le parti relative alle funzioni ed ai servizi che dai singoli municipi passano al nuovo soggetto. Nella successione giuridica rimangono ferme le disposizioni di cui all’articolo 111 del codice di procedura civile. E’ questa, lo ricordiamo, una norma processuale che regola i rapporti di successione nel corso del processo. Essa dispone che, in caso di trasferimento del diritto, il processo prosegue tra le parti originarie. In caso di trasferimento dello stesso a seguito di morte, il processo prosegue con il successore universale e quello particolare può essere chiamato ad intervenire e si può giungere alla estromissione del successore universale. Infine, si stabilisce che i successori a titolo particolare possono impugnare le pronunce contro i successori a titolo universale. L’applicazione di questi principi alla costituzione di tali unioni serve a disciplinare le modalità di intervento del comune e della forma di gestione associata nel corso degli eventuali contenziosi.

Parimenti passano alle dipendenze della unione anche tutti i dipendenti dei comuni che erano impegnati nella gestione delle funzioni e dei servizi che vengono attribuiti alla stessa. Su questo punto è bene soffermarsi, in quanto tale disposizione legislativa si sovrappone, rafforzandola, al principio dettato dall’articolo 31 del DLgs n. 165/2001, il cd trasferimento del ramo di azienda: quest’ultima disposizione ha infatti un carattere generale, talchè la previsione del DL 138 ha natura rafforzativa.

La disposizione prosegue stabilendo che vanno trasferiti alla unione anche le risorse strumentali, nonché i rapporti finanziari risultanti dal bilancio ed ovviamente relativi alle funzioni ed ai servizi che dai piccolissimi comuni passano alle unioni. Ricordiamo sempre che queste clausole hanno un valore come norma di chiusura, in quanto il legislatore stabilisce che tutte le funzioni ed i servizi dai comuni debbano essere trasferiti alle unioni.

L’altra importantissima, e per molti aspetti assai opinabile, previsione contenuta nello stesso comma 5 è la imposizione a queste unioni del rispetto dei vincoli dettati dal patto di stabilità a partire dall’anno 2014. Ricordiamo che attualmente sono soggetti ad esso i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, oltre alle province. Sulla base delle disposizioni dettate dal DL n. 138 si impone un duplice ampliamento: ai comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti a partire dal 2013 ed alle unioni che raggruppano i piccolissimi comuni, intendendo come tali quelli con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, dal 2014. Per cui allo stato attuale rimangono al di fuori del patto di stabilità solamente le unioni dei comuni costituite tra enti con popolazione superiore a 1.000 abitanti e le comunità montane. Si deve evidenziare che la scelta di sottoporre questi enti al rispetto del patto di stabilità non prevede un regime “differenziato” o vincoli attenuati: la norma è molto chiara nel prevedere sic et simpliciter che questi enti sono sottoposti al patto. Ovviamente ciò non impedisce di pensare che nel prossimo futuro, in particolare al momento dell’avvio della concreta applicazione o nella fase di prima applicazione si possano apportare correttivi. Tra l’altro la manovra estiva contiene un impegno di carattere generale alla modifica delle regole che presiedono al rispetto del patto.

Con il comma 6 viene individuata la soglia minima di abitanti che la gestione associata tra i piccolissimi comuni deve raggiungere. Essa è fissata in 5.000 abitanti, che scendono a 3.000 nel caso in cui i comuni appartengano o siano appartenuti a comunità montane. In questo comma è dettata la regola prima ricordata per la quale il calcolo della popolazione deve essere effettuato tramite la popolazione residente al 31 dicembre del penultimo anno precedente, ex articolo 156, comma 2, DLgs n. 267/2000, e non tramite quella risultante all’ultimo censimento. La norma non dice che tutti i comuni devono essere montani perché scatti la soglia minima a 3.000 abitanti: ma in via interpretativa si deve arrivare a tale conclusione, visto che il riferimento legislativo va ai comuni e quindi non si può considerare sufficiente che un solo comune sia appartenuto o appartenga ad una comunità montana.
Viene assegnato alle regioni il potere di deroga a queste soglie: esso deve essere esercitato entro i 2 mesi successivi alla entrata in vigore della legge di conversione, cioè entro il 16 novembre. La disposizione non prevede la decadenza da tale possibilità allo spirare di questo termine, quindi non siamo nell’ambito delle disposizioni perentorie. La deroga deve essere decisa dalle regioni, senza alcuna precisazione o integrazione sullo strumento da utilizzare: da ciò se ne deve ricavare che non è strettamente necessaria una legge. Essa può essere esercitata sia aumentando che diminuendo la soglia demografica prevista dal legislatore statale. Il provvedimento regionale non richiede alcuna specifica motivazione e non viene imposto neppure il rispetto di una procedura che veda la partecipazione dei piccoli comuni o dell’Anci o del consiglio regionale per le autonomie locali.

Hanno una straordinaria rilevanza le disposizioni dettate dal comma 7. Le disposizioni in esso contenute sono così sintetizzate da parte dell’Anci: si “prevede che le unioni di comuni già costituite alla data prevista dal comma 9, alle quali partecipi almeno un comune fino a 1.000 abitanti, sono tenute ad adeguarsi alle disposizioni contenute nell’articolo in esame; inoltre, i comuni convenzionati o consorziati (rispettivamente artt. 30 e 31 del TUEL) cessano di diritto di far parte delle relative forme associative al momento in cui entrano a far parte di un’unione di comuni con popolazione fino a 1000 abitanti[3]”.

Per cui la disposizione dispone, in primo luogo, l’obbligo di revisione delle unioni già costituite a cui partecipano i piccolissimi comuni. Tale obbligo dovrà essere soddisfatto entro i 4 mesi successivi al termine di costituzione della unione tra i piccolissimi comuni, termine che come vedremo maturerà a partire dalle elezioni amministrative del 2013 e che nelle singole realtà è legato alla data di rinnovo di almeno un consiglio comunale. L’adeguamento deve essere fatto in termini di recepimento dei nuovi principi, a partire da quello per cui la unione diventa titolare della gestione di tutte le funzioni e di tutti i servizi spettanti ai comuni. La seconda previsione è data dallo stabilire che i comuni che aderiscono a convenzioni o consorzi (ma per questi ricordiamo il vincolo dettato da altra disposizione a che i comuni ne fuoriescano) cessano automaticamente a far parte delle convenzioni o dai consorzi dalla data in cui aderiscono o, per usare il dettato legislativo, “diventano membri” della unione stessa. Da sottolineare che le stesse conseguenze si determinano per le convenzioni esistenti, ivi compresa ad esempio quella che riguarda la gestione in modo associato del segretario comunale: non si può infatti a parere di chi scrive invocare una specialità di tale forma di gestione associata.

In altri termini, il legislatore vuole che i piccolissimi comuni non solo diano corso a forme di gestione associata, ma anche che queste abbiano una natura esclusiva ed unitaria, cioè che non si realizzi un possibile “spezzettamento” tra varie forme di gestione associata, come invece –vedi meglio infra- può avvenire per i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti. E’ evidente che questa disposizione determina uno sconvolgimento nella composizione e nelle regole di funzionamento di molte unioni.

Le regole per la individuazione e la costituzione delle unioni tra i piccolissimi comuni sono dettate dal comma 8. Come sottolinea l’Anci, siamo in presenza di 2 termini perentori che vengono dettati da parte del legislatore:

  • entro il 16 marzo, cioè entro i 2 mesi successivi alla entrata in vigore della legge di conversione i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti devono deliberare una proposta di istituzione delle unioni;
  • entro il termine del 31 dicembre 2012 le regioni devono istituire queste unioni dei comuni.

Occorre evidenziare che il mancato rispetto del termine perentorio fissato per la deliberazione comunale della proposta trova nell’ordinamento una risposta in termini di decisione che comunque le regioni possono assumere, sulla base del principio di carattere generale del buonsenso che “gli assenti hanno sempre torto”, cioè le regioni deliberano anche senza la proposta. Invece la inadempienza delle regioni rispetto ad un termine che ha anch’esso carattere perentorio non trova meccanismi surrogatori, per cui le unioni tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti non potranno nascere.

Per le deliberazioni dei comuni vengono dettati 2 vincoli, il primo procedurale ed il secondo sostanziale. Il vincolo procedurale è che le deliberazioni sono adottate dal consiglio comunale (il che può essere considerato come la ripetizione delle disposizioni dettate dal DLgs n. 267/2000 in tema di ripartizione delle competenze tra gli organi) “a maggioranza dei componenti”. Da sottolineare che è richiesta la maggioranza dei componenti e non la maggioranza assoluta: è questa una indicazione che solleva problemi interpretativi nel caso in cui si registri una maggioranza di voti favorevoli, che però non arriva alla metà più uno dei componenti il consiglio. Il vincolo sostanziale è che le proposte di “aggregazione” devono necessariamente avere un “identico contenuto” e ciò costituisce un vincolo tassativo perché le stesse abbiano rilevanza.

Nel caso in cui si siano realizzate queste 2 condizioni le regioni non possono che prendere atto delle stesse: quindi la costituzione delle unioni viene sì formalmente decisa dalla regione, ma questa in termini sostanziali è una ratifica delle decisioni dei comuni. Diciamo che in questa ipotesi spetta alla regione un compito notarile di accertamento del rispetto dei presupposti dettati dal legislatore, ma non vi è una possibilità di incidere sulle scelte dei singoli enti. Invece, in caso di assenza di proposte o se le stesse non sono state adottate a maggioranza o non contengono la stessa scelta, il legislatore assegna alla regione il potere di assumere comunque la decisione che ritiene più efficace. Quindi, il suo ruolo cessa di essere notarile e diventa sostanziale, peraltro con margini di discrezionalità assai elevati, visto che non vi sono ulteriori vincoli procedurali o sostanziali.

Con il comma 9 cominciano ad essere dettati i termini per la istituzione della unione dei comuni tra i centri che hanno una popolazione non superiore a 1.000 abitanti. Si dispone che dalla data della proclamazione del sindaco e dei consiglieri nel primo turno elettorale successivo al 13 agosto 2012, quindi come abbiamo visto in precedenza normalmente a partire dal turno elettorale della primavera del 2013, scattino le nuove regole sugli organismi gestionali dei comuni. Tali regole diventano operative solamente se vi sia un comune, è sufficiente uno solo, che sia interessato dal rinnovo dei propri organi di governo. In questo caso, e comunque dal momento in cui ciò avverrà anche negli anni successivi, opera la conseguenza che gli organi di governo rimangono solamente il sindaco ed il consiglio e che si realizza la decadenza di diritto della giunta. Tale decadenza si realizza non solo nel comune che ha rinnovato i propri organi, ma anche in tutti gli altri con popolazione non superiore a 1.000 che sono parte della unione. Per ciò che riguarda i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti che abbiano aderito a questa unione, il legislatore prevede la decadenza della giunta solamente se il comune ha deciso di trasferire alla unione la gestione di tutte le proprie funzioni, mentre questo organo permane se il comune ha deciso di trasferire alla stessa unione solamente la gestione delle funzioni fondamentali. Da sottolineare che il legislatore è assai drastico nello stabilire la decadenza della giunta, visto che espressamente ci dice che si realizza “di diritto”, quindi in modo automatico e vincolante.

Viene precisato infine dallo stesso comma che i compiti dei consigli comunali nei confronti delle unioni sono solamente quelli di “indirizzo nei confronti del consiglio dell’unione”. Quindi che in capo a questi soggetti non sono attribuite ulteriori incombenze, che invece rimangono –possiamo aggiungere ovviamente- come attribuzioni normative per le eventuali attribuzioni non assegnate alla unione.

Con il comma 10 si stabilisce che gli organi della unione siano il consiglio, il presidente e la giunta. Si deve al riguardo evidenziare che le previsioni per le unioni ordinarie, ai sensi dell’articolo 32 del DLgs n. 267/2000, sono che “lo statuto individua gli organi dell’unione”, per cui –quanto meno sul terreno teorico o delle possibilità- ci si potrebbe allontanare dallo schema tipico dei 3 organi di governo e prevedere articolazioni differenti, in particolare senza la giunta. Al di là della sostanziale assenza di conseguenze sul terreno immediatamente operativo, si deve evidenziare che questa disposizione rafforza i vincoli dettati direttamente dal legislatore statale rispetto alle caratteristiche che devono necessariamente essere possedute dalle unioni.

Il comma 11 detta le regole per la composizione del consiglio e per la sua elezione. Il dettato delle disposizioni è così sintetizzato dall’Anci: “il consiglio è composto dai sindaci dei comuni dell’unione. Per la prima applicazione ne fanno parte anche due consiglieri comunali per ciascun comune eletti dai consigli comunali (entro venti giorni dall’istituzione dell’unione), in tutti i comuni dell’unione, uno proveniente dalla maggioranza, uno dall’opposizione. Fino all’elezione del presidente dell’unione le funzioni di competenza dell’unione sono esercitate dal sindaco del comune con il maggior numero di abitanti. E’ attribuita – in conformità all’art. 117 della Costituzione che prevede una competenza statale esclusiva in tale materia – alla legge dello Stato la possibilità, con riferimento alle successive elezioni, di legiferare sul sistema elettorale stabilendo, non solo il suffragio universale, ma anche l’elezione contestuale e diretta degli organi di governo di ciascuno dei comuni appartenenti alle unioni. La stessa legge disciplina conseguentemente il sistema di elezione. Le elezioni sono fissate non oltre il cinquantacinquesimo giorno che precede la votazione (ex art. 3 della legge 182/1991). Al consiglio dell’unione spettano le competenze attribuite dal TUEL al consiglio comunale[4]”.

Si devono sottolineare i seguenti elementi, che costituiscono comunque aspetti che meritano una specifica attenzione. In primo luogo, la presenza per ogni comune –a prescindere dalla dimensione- di 3 rappresentanti: il sindaco e 2 consiglieri, di cui uno di minoranza, per cui occorre prevedere il voto limitato in sedi di individuazione degli stessi da parte dei singoli consiglio comunali. In tal modo, il numero dei componenti il consiglio della unione non è prefissato dal legislatore, in relazione al totale degli abitanti, ma risulta dalla somma dei comuni aderenti alla stessa. In secondo luogo, la presenza dei 2 consiglieri comunali viene stabilita dal legislatore “in prima applicazione”, cioè successivamente essa potrebbe o dovrebbe essere rivista. Mentre la presenza dei sindaci è da considerare come acquisita in via permanente. Da ricordare che l’articolo 32 del DLgs n. 267/2000 per le unioni, in termini generali, si limita a prevedere la partecipazione dei consiglieri, anche garantendo la rappresentanza delle minoranze e rimettendosi ancora una volta alle scelte dei singoli statuti delle unioni, che a loro volta –lo ricordiamo- sono in queste realtà approvata da parte dei consigli comunali. Si detta inoltre un’altra regola operativa per la fase di prima costituzione: l’obbligo della nomina dei consiglieri della unione entro i 20 giorni successivi alla data della sua istituzione, cioè alla proclamazione degli eletti anche in uno solo dei comuni aderenti; la previsione che, fino alla sua elezione, si veda il successivo comma 12, le funzioni del presidente sono svolte dal sindaco del comune avente il maggiore numero di abitanti.

Il legislatore rinvia ad una successiva norma la eventuale introduzione della elezione diretta degli organi delle unioni da parte dei cittadini, elezioni che si dovrebbero svolgere contestualmente a quelle per il rinnovo degli organi dei singoli comuni. Il che presuppone che tali elezioni si svolgano tutte contestualmente, cioè nel corso dello stesso turno elettorale.

Il legislatore definisce direttamente le competenze del consiglio della unione, fissandole in quelle assegnate ai consigli comunali dal DLgs n. 267/2000. Anche in questo caso siamo dinanzi ad una deroga rispetto alle previsioni dettate dall’articolo 32 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali per le unioni, che lascia margini assai ampi all’autonomia statutaria. Le competenze dei consigli delle unioni devono tenere conto del ruolo assegnato ai consigli dei singoli enti, cioè del potere attribuito agli stessi di formulare atti di indirizzo per la programmazione economico finanziaria e, più in generale, nei confronti della attività complessiva della unione.

Quanto disposto dal successivo comma 12 è così illustrato dall’Anci: “il presidente dell’unione è eletto, entro trenta giorni dalla data di istituzione dell’unione, dal consiglio dell’unione tra i propri componenti, dura in carica due anni e mezzo ed è rinnovabile. Il presidente esercita le competenze del Sindaco stabilite dall’articolo 50 del TUEL, che disciplina, tra l’altro, le funzioni del Sindaco come organo responsabile dell’amministrazione del comune ferme restando in capo ai Sindaci dei comuni dell’unione le attribuzioni di cui all’articolo 54 del TUEL, che disciplina le funzioni del Sindaco quale ufficiale del Governo”. Viene quindi, in primo luogo, fissato il termine di 1 mese per la elezione del presidente della unione, stabilendo che esso possa essere scelto tra i componenti il consiglio, quindi anche tra i semplici consiglieri, come già evidenziato in precedenza. Il legislatore non detta alcuna disposizione nel caso in cui si superi tale termine, anche se ciò determina una condizione di illegittimità. Si stabilisce che esso duri in carica 2 anni e mezzo, quindi per un periodo tutto sommato ridotto, infatti siamo alla metà rispetto a quanto stabilito per i sindaci ed i consigli comunali. Tale mandato è rinnovabile, senza che vi sia alcuno specifico tetto massimo fissato direttamente da parte del legislatore. Da sottolineare che al presidente della unione sono assegnate tutte le competenze spettanti ai sindaci sulla base delle previsioni di cui all’articolo 50 del DLgs n. 267/2000, mentre rimangono in capo ai sindaci quelle attribuite loro dall’articolo 54 del DLgs n. 267/2000. Ricordiamo che le competenze di cui all’articolo 50 sono tutte quelle gestionali: responsabilità dell’ente, presidenza del consiglio (ove non esistente il presidente del consiglio), nomina dei responsabili, sovraintendenza al funzionamento degli uffici, con particolare riferimento alle funzioni attribuite ai comuni dallo Stato, svolgimento dei compiti connessi all’essere individuato quale autorità locale, ivi compresi i poteri di ordinanza nel caso di emergenze, coordinamento ed organizzazione degli orari, nomina dei rappresentanti del comune in organismi esterni. Invece, sulla base dell’articolo 54, i sindaci –compiti che continueranno a svolgere anche nelle unioni costituite tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti- esercitano, quali ufficiali di governo, poteri di vigilanza e sovrintendenza in materia di ordine pubblico, nonché nella gestione delle funzioni assegnate dallo Stato, anche mediante ordinanze contingibili ed urgenti, di segnalazione della presenza di extra comunitari non in regola, di modifiche della circolazione e degli orari in caso di maturare di condizioni di emergenza. Da qui la conclusione che i primi cittadini continuano a conservare tali attribuzioni, anche se non hanno più a propria disposizione strumenti, quali uffici, risorse, personale etc, per cui tali loro attribuzioni dovranno essere esercitate attraverso la unione dei comuni.

Il comma 13 disciplina la nomina, la composizione e le competenze della giunta. Ancora una volta viene compressa l’autonomia statutaria ordinariamente attribuita alle unioni. Si prevede che essa sia nominata dal presidente, quindi anche se lo stesso è eletto dal consiglio e non direttamente da parte dei cittadini, si sceglie il modello del rapporto fiduciario tra il presidente e gli assessori. Di conseguenza, si stabilisce che la decadenza del presidente della unione determini automaticamente lo stesso effetto anche per gli assessori. Il numero dei componenti la giunta è fissato in quello previsto dal DLgs n. 267/2000 per i comuni che hanno una popolazione complessiva eguale a quella della unione, quindi 2 fino a 3.000 abitanti, 3 fino a 5.000 e 4 fino a 10.000. I componenti la giunta devono necessariamente essere scelti tra i sindaci (non si capisce per quali ragioni viene aggiunto “componenti il consiglio”, visto che tutti i sindaci ne fanno automaticamente parte). Per cui abbiamo la condizione che gli assessori devono per forza essere sindaci, mentre il presidente potrebbe anche non esserlo. Le competenze sono dettate direttamente da parte del legislatore, senza alcuno spazio lasciato alla autonomia statutaria, e sono individuate in quelle assegnate alle giunte dei comuni e delle province, cioè siamo in presenza di una competenza residuale generale per tutti i compiti spettanti agli organi di governo.

Con il successivo comma 14 si stabilisce, riprendendo la illustrazione Anci, “che il consiglio adotti inoltre lo statuto dell’unione, con deliberazione a maggioranza assoluta dei propri componenti, entro venti giorni dalla data di istituzione dell’unione. Lo Statuto dell’unione individua le modalità di funzionamento dei propri organi e la disciplina dei relativi rapporti[5]”. Siamo dinanzi ad una significativa modifica delle regole dettate per le unioni dall’articolo 32 del DLgs n. 267/2000, il quale stabilisce che lo statuto, oltre all’atto costitutivo, è approvato dal consiglio dei singoli comuni, peraltro con la stessa maggioranza e le stesse procedure previste per l’adozione dello statuto e delle modifiche, cioè con il voto dei 2/3 o, per 2 riunioni, della maggioranza assoluta dei consiglieri. E’ evidente la volontà del legislatore di privilegiare il ruolo del momento associativo rispetto a quello dei singoli enti. Da sottolineare inoltre che le materie assegnate alla competenza statutaria sono molto più ristrette, in quanto nelle unioni dei comuni fino a 1.000 abitanti esso si dovrò occupare solamente di individuare le modalità di funzionamento dei propri organi e disciplinarne i rapporti, mentre l’articolo 32 del DLgs n. 267/2000 stabilisce che gli statuti delle unioni debbano individuare gli organi di governo, le modalità di costituzione, le funzioni svolte e le risorse a tal fine necessarie. In altri termini, una parte significativa delle competenze degli statuti delle unioni sono direttamente disciplinate da parte del legislatore.

Il comma 15, utilizzando la illustrazione dell’Anci, “disciplina il trattamento economico degli organi dell’unione, rendendo loro applicabili le disposizioni di cui agli artt. 82 ed 86 del TUEL con riferimento ai corrispondenti organi del comune. Inoltre la norma stabilisce che agli amministratori dell’unione che risultino percepire emolumenti di ogni genere in qualità di amministratori locali (ex art. 77, comma 2, del TUEL: sindaci, anche metropolitani, presidenti delle province, consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, presidenti dei consigli comunali metropolitani e provinciali, presidenti, consiglieri e assessori delle comunità montane, componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché componenti degli organi di decentramento), fino al momento dell’esercizio dell’opzione, non spetta alcun trattamento per la carica sopraggiunta[6]”.

Ricordiamo che l’articolo 82 del DLgs n. 267/2000 stabilisce che sindaci, presidenti di provincia, assessori e presidenti dei consigli hanno diritto alla indennità di carica, mentre i consiglieri hanno diritto al gettone di presenza; che le misure di tali compensi sono fissate dai singoli enti nella misura prevista da uno specifico decreto ministeriale, che i compensi non possano essere cumulati nel caso di svolgimento di più incarichi, ma che in tale ipotesi si opta per uno dei 2 compensi ovvero per il 50% di ognuno di essi. E che l’articolo 86 disciplina il regime previdenziale, stabilendo il diritto al versamento degli oneri previdenziali da parte dell’ente nel caso di sindaco, presidente che sia lavoratore dipendente in aspettativa non retribuita o il versamento allo stesso fine di una somma forfettaria, nonché la possibilità per gli enti locali di assicurare i propri amministratori per i rischi connessi allo svolgimento del mandato.

Nella individuazione del trattamento economico si deve fare riferimento a quello spettante agli amministratori di un comune che ha la stessa dimensione demografica. La disposizione stabilisce infine che agli amministratori della unione che siano amministratori di altri enti locali non spetti alcun compenso fino al momento in cui esercitano la opzione tra i compensi che possono percepire.

Il comma 16, l’ultimo che si occupa della gestione associata nei comuni aventi popolazione non superiore a 1.000 abitanti, viene così riassunto dall’Anci: si “stabilisce che per i comuni fino a 1.000 abitanti che, al 30 settembre 2012, esercitino efficacemente le funzioni mediante convenzione ex art. 30 TUEL non vi è l’obbligo di costituire l’unione come previsto dal comma 1 del presente decreto. Tali comuni però devono trasmettere al Ministero dell’interno, entro il 15 ottobre 2012, un’attestazione comprovante il conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione, mediante convenzione, delle rispettive attribuzioni. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinati contenuti e modalità delle attestazioni di cui al secondo periodo. Il Ministero dell’interno, previa valutazione delle attestazioni ricevute, adotta con proprio decreto, da pubblicare entro il 30 novembre 2012 nel proprio sito internet, l’elenco dei comuni obbligati e di quelli esentati dall’obbligo di cui al comma 1[7] (cioè dalla attivazione della unione)”.

Sulla base di questa disposizione si offre ai comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti la possibilità di non dare corso alla formazione della unione se gestiranno attraverso una convenzione tutte le proprie funzioni. Da evidenziare subito che la scelta legislativa riguarda la possibilità di dare vita solamente ad 1 convenzione, per cui queste amministrazioni – il che risulta pienamente coerente con la scelta di evitare che le gestioni associate tra i piccolissimi comuni si realizzino tramite vari strumenti, cioè con una sorta di spezzettamento- possono scegliere una strada alternativa alla gestione associata tramite la costituzione della unione. Occorre chiarire se in questi comuni la giunta rimane in carica, conseguenza che sembrerebbe doversi trarre visto che il comma 9 ne prevede la decadenza solamente a seguito della istituzione della unione. In senso contrario va la previsione del successivo comma 17, che non prevede la presenza della giunta nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti. La possibilità di optare per la attivazione della convenzione, in luogo della costituzione della unione, è rimessa alla iniziativa dei comuni, ma le sue regole procedurali sono dettate direttamente da parte del legislatore e vi è un attento controllo da parte del Ministero dell’Interno. Spetta ad esso, infatti, dettare “i contenuti e le modalità” di trasmissione delle attestazioni che devono essere rilasciate da parte dei singoli comuni. Tali attestazioni dovranno essere trasmesse al Viminale entro il 15 ottobre 2012. Il Ministero dell’Interno dovrà verificare che si sia nelle condizioni in cui sono stati conseguiti “significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione”. Se ciò si realizzerà entro la fine del mese di novembre del 2012 formerà l’elenco delle amministrazioni comunali che sono esentate dall’obbligo di attivazione delle unioni. In conseguenza di tali disposizioni, quindi, i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti possono essere esentati dall’obbligo di dare corso alla unione per la gestione associata delle proprie funzioni. Essi devono dare corso alla stipula ed alla concreta attivazione di una convenzione che riguardi complessivamente tutte le attribuzioni. Il che deve realizzarsi entro tempi rapidi, visto che entro la metà del mese di ottobre del 2012 si dovranno trasmettere le comunicazioni al Viminale, non solo sulla formale attivazione delle convenzioni, ma anche dando conto dell’effettivo conseguimento di obiettivi di miglioramento della gestione, per come previsto in un decreto che lo stesso Ministero dell’Interno dovrebbe emanare rapidamente.

Si devono infine ricordare le previsioni di cui al comma 18, che riguardano i consiglieri dei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti a partire dalla attivazione della unione. Queste disposizioni sono così illustrate dall’Anci: “dopo la costituzione delle unioni dei comuni piccolissimi ai consiglieri dei comuni fino a 1.000 abitanti non si applicano le disposizioni del TUEL sugli oneri per le assenze a carico degli enti locali, con l’eccezione di quanto previsto relativamente alle assenze retribuite dal datore di lavoro ed alle indennità di funzione e gettoni di presenza”. Si deve quindi evidenziare che nei comuni piccolissimi diventeranno non applicabili ai consiglieri comunali le regole dettate dall’articolo 82 del DLgs n. 267/2000. Tali disposizioni prevedono in particolare la erogazione di un gettone di presenza, oltre che di indennità di carica, parte quest’ultima che continua ad essere applicabile in quanto la inapplicabilità riguarda solamente i consiglieri e non anche le altre categorie di amministratori. Cessano inoltre di essere applicabili anche le disposizioni di cui all’articolo 80 dello stesso DLgs n. 267/2000, per cui l’ente è tenuto a rimborsare ai datori di lavoro privati gli oneri per i permessi retribuiti utilizzati dagli stessi per lo svolgimento del proprio mandato, nonché le relative regole applicative. Si continua ad applicare solamente il primo periodo di tale comma, cioè che le assenze dei consiglieri e degli amministratori, nei limiti fissati dal legislatore, sono retribuite. Il coordinamento della disposizione dovrà quindi definire le regole da applicare concretamente, anche se sembra si vada nella direzione che tali oneri non vengono più sostenuti da parte dell’ente locale.

2) LA GESTIONE ASSOCIATA NEI COMUNI FINO A 5.000 ABITANTI

Per i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti ed inferiore a 5.000, in modo da raggiungere la soglia minima di 10.000 abitanti, viene fissato l’obbligo della gestione associata tramite unione o tramite convenzione di tutte le 6 funzioni fondamentali entro la fine del 2012 e di almeno 2 entro la fine del 2011. I commi da 22 a 24 dettano alcune correzioni al testo dell’articolo 31, commi da 25 a 31 del DL n. 78/2010, che rimane quindi la norma di riferimento. Si dispone inoltre una modifica all’articolo 2, comma 7, del DLgs n. 23/2011 (cd federalismo municipale), che disciplina le modalità di ripartizione della fiscalità immobiliare tra i comuni che danno luogo alla gestione associata e, oggetto della modifica, ai comuni che coprono da soli il territorio di una isola o di più isole.

In primo luogo si stabilisce che le regole dettate per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti non si applicano a quelli con popolazione inferiore a 1.000 abitanti in quanto, come abbiamo appena visto, ad essi si applicano altre regole.

In secondo luogo, e siamo al comma 24, si modificano le regole dettate dal DL n. 98/2011 e si fissa in modo più elevato la soglia minima di abitanti che deve essere raggiunta dalle forme di gestione associata. Ricordiamo che il DL n. 78/2010 rinviava la materia ad uno specifico Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. E che il DL n. 98/2011 fissava direttamente tale soglia in 5.000 abitanti ovvero nel quadruplo del numero di abitanti del comune avente la popolazione più piccola. Con le nuove disposizioni tale tetto minimo viene fissato in 10.000 abitanti. La disposizione prevede che le regioni possano, entro i 2 mesi successivi alla entrata in vigore della legge di conversione, cioè entro la metà del mese di novembre, modificare in aumento o in diminuzione tale soglia. Al riguardo ripetiamo anche per questa soglia quanto evidenziato in precedenza: il termine assegnato alle regioni non può essere considerato come imperativo, in quanto mancano esplicite indicazioni in questa direzione, anche se si deve evidenziare che una scelta tardiva metterebbe in grandi difficoltà le amministrazioni che hanno comunque dato corso a forme di gestione associata; non è chiarito attraverso quali strumenti la regione debba provvedere, per cui non sembra indispensabile la legge; si deve avere come base di riferimento non i risultati del censimento, ma la popolazione che risulta essere residente alla fine del penultimo anno precedente (indicazione espressamente formulata per le unioni dei piccolissimi comuni), ma che si deve estendere a tutte le previsioni dettate dalla presente norma, in quanto espressione di un principio di carattere generale.

Lo stesso comma dispone tempi ancora più brevi per l’avvio della gestione associata. Ricordiamo che essi erano dal testo del DL n. 78/2010 rinviati al prima citato Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ed ancora che il DL n. 98/2011 li ha invece fissati in almeno 2 funzioni fondamentali entro il 31 dicembre 2011, altre 2 entro il 31 dicembre 2012 e le restanti 2 entro il 31 dicembre 2013. Con le regole dettate dal DL n. 138/2011, almeno 2 funzioni fondamentali devono essere gestite in forma associata entro il 31 dicembre 2011 e le restanti 4 entro il 31 dicembre 2012: siamo quindi in presenza di una forte accelerazione del processo di realizzazione della gestione associata.

Ricordiamo che le funzioni fondamentali sono quelle individuate dalla legge n. 42/2009 fino a quando il codice delle autonomie non avrà disposto diversamente, e cioè: generali, di amministrazione e controllo per almeno il 70% della spesa corrente, governo del territorio e dell’ambiente, polizia locale, istruzione, servizi sociali e viabilità.

Ricordiamo inoltre che si discute se la gestione associata possa essere realizzata tramite la delega di funzioni alle comunità montane, che non sono espressamente citate dalla norma, ma che sulla base del DLgs n. 267/2000 sono equiparate alle unioni.

3) CENTRALI DI COMMITTENZA

I comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti dovranno a partire dal prossimo 31 marzo effettuare tutti gli acquisti di beni e servizi e gli appalti di lavori pubblici esclusivamente tramite centrali di committenza costituite nell’ambito delle unioni e/o attraverso convenzioni. Questo nuovo vincolo di gestione associata si aggiunge a quelli dettati dalle manovre estive del 2010 e del 2011 ed in base alle quali i comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti ed inferiori a 5.000 devono entro il 2011 gestire in forma associata almeno due funzioni fondamentali ed entro il 2012 le restanti quattro, mentre quelli con popolazione inferiore a 1.000 abitanti dovranno trasferire a partire dal turno elettorale della primavera del 2013 tutte le proprie funzioni ed i propri servizi ad unioni o a convenzioni costituite tra centri che hanno queste ridottissime dimensioni. E’ evidente che siamo in presenza di una chiara volontà legislativa di obbligare in vario modo i piccoli comuni alla gestione associata. La relazione illustrativa del decreto evidenzia che dalla centralizzazione delle procedure di acquisto ci si possono attendere significativi risparmi. Si deve subito evidenziare che la mancanza di esplicite sanzioni in caso di inadempienza non deve indurre in errore: gli acquisti e gli appalti effettuati direttamente dai singoli comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti saranno infatti illegittimi e, in presenza di un ricorso, saranno annullati, con tutte le pesanti conseguenze di rimborso spese e di eventuale maturazione di responsabilità amministrativa in capo ai dirigenti inadempienti. Nel caso di mancato avvio della gestione associata sono previste conseguenze negative in termini di riduzione dei trasferimenti erariali ai piccoli comuni attraverso il fondo sperimentale di riequilibrio ed inoltre, in caso di prolungata omissione, i prefetti potrebbero provvedere allo scioglimento dei consigli per violazione dei vincoli dettati dal legislatore. Le nuove disposizioni non modificano l’obbligo per cui tutte le PA devono necessariamente ricorrere alle convenzioni di acquisto Consip o richiedere condizioni più favorevoli nel caso in cui effettuino direttamente gli acquisti.

Le nuove disposizioni che obbligano i piccoli comuni alla utilizzazione di centrali di committenza associate costituite nell’ambito delle unioni dei comuni o tramite specifiche convenzioni per tutti gli acquisti di beni e servizi e per l’aggiudicazione di appalti sono dettate nella forma della modifica del DLgs n. 163/2006, cioè del codice degli appalti. Il legislatore impone questo vincolo in modo assai ampio: non sono infatti previste deroghe di sorta, vuoi per importi ridotti, vuoi per tipologia, vuoi in presenza di ragioni di urgenza. Per cui siamo in presenza di una disposizione che deve essere applicata come procedura ordinaria da parte dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Occorre chiarire il riferimento al territorio provinciale contenuto nella disposizione: il dettato legislativo non sembra affidare i compiti delle centrali di committenza alle province e sembra invece richiedere che esse siano costituite tra comuni che sono compresi nell’ambito dello stesso territorio provinciale. Il che determinerebbe la introduzione di un vincolo a che le eventuali unioni di comuni siano costituite esclusivamente tra municipi della stessa provincia.

La disposizione rinvia con molta chiarezza l’entrata in vigore delle nuove disposizioni alle procedure d’acquisto indette a partire dal prossimo 31 marzo, con il che si lascia ai comuni un margine di tempo per dare concreta applicazione al nuovo vincolo. Ovvero, per tenere conto del nuovo vincolo nell’ambito del processo di realizzazione delle esperienze di gestione associata delle funzioni fondamentali previsto dalle manovre estive. Per cui i singoli comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti devono non solo rispettare il termine del 31 dicembre 2011 per dare vita alla gestione associata di almeno due funzioni fondamentali tramite unione o convenzione ed a quello di estendere questa esperienza alle altre 4 funzioni fondamentali entro la fine del 2012, ma devono anche attivare le centrali di committenza entro il prossimo mese di marzo. Sono evidenti le interferenze tra le disposizioni istituzionali sull’obbligo della attivazione della gestione associata e quelle sugli acquisti: il legislatore sembra spingere le amministrazioni dei comuni con meno di 5.000 abitanti nella direzione di dare corso ad una unica forma di gestione associata e non alla suddivisione tra vari strumenti. Le centrali di committenza dovranno gestire interamente ed esclusivamente la fase dell’acquisto e/o dell’appalto, sulla base degli input e delle richieste formulate dalle singole amministrazioni.

 

 

4) INDICAZIONI PER SINGOLE FUNZIONI E/O SERVIZI

 

LA FORMAZIONE ASSOCIATA

 

Siamo dinanzi ad una opportunità assai significativa, in particolare per la attivazione di tale opportunità, che troppo spesso non viene colta per le dimensioni assai ristrette di numerosi enti e per la esiguità delle risorse dei singoli enti. Peraltro a livello di singoli enti, spesso mancano le professionalità e le condizioni minime per potere concorrere alle opportunità di finanziamento nazionale, comunitario e/o regionale.

La gestione associata del personale è finalizzata ai seguenti obiettivi:

  1. crescita professionale del personale e valorizzazione delle potenzialità, anche al fine dello sviluppo;
  2. aggiornamento ed accrescimento professionale;
  3. supporto al miglioramento della qualità della attività amministrativa.

A tal fine la formazione deve avere un carattere preferibilmente indirizzato alla soluzione delle problematiche applicative ed alla concreta utilizzazione.

Per dare risposta alle esigenze di progettazione si può prevedere che, con cadenza annuale, i segretari degli enti definiscono una proposta di massima di iniziative e di tematiche da svolgere nel corso dell’anno e verificano l’andamento della attività svolta.

Le iniziative di formazione dovranno caratterizzarsi operativamente sulla base del seguente modulo:

  • svolgimento di una o più giornate di formazione in aula, da svolgere presso i locali messi a disposizione dal soggetto capofila o di uno degli altri enti aderenti alla convenzione;
  • predisposizione da parte del relatore di materiale didattico che deve contenere, oltre alla illustrazione del tema, supporti applicativi;
  • possibilità per i tre mesi successivi di porre in via telematica da parte di ogni enti quesiti, entro il numero massimo di tre per ogni ente, a cui il relatore darà risposta entro i sette giorni successivi ed impegno del relatore a fornire ulteriori supporti applicativi.

Il soggetto capofila è incaricato di coordinare la concreta realizzazione della attività, anche avvalendosi di supporti esterni, per la progettazione delle iniziative di formazione e per la individuazione dei relatori.

Gli oneri necessari per la realizzazione della attività di formazione sono ripartiti tra gli enti per la metà in modo proporzionale alla popolazione e per l’altra metà in base al numero dei dipendenti.

LA GESTIONE DEL PERSONALE

La gestione delle risorse umane costituisce un settore assai importante per tutti gli enti, un settore che può agevolmente essere gestito in modo associato, quantomeno per numerosi aspetti. L’importanza della gestione associata di questa funzione e/o servizio trascende il settore ed acquista una valenza strategica. Infatti siamo dinanzi a tematiche da cui può conseguire l’effetto di moltiplicazione ed accelerazione della integrazione gestionale. Sia per l’essere dinanzi ad un settore di staff di centrale importanza, che per la possibilità di superare uno di quelli che generalmente costituisce un pesante fattore di ostacolo e/o ritardo allo sviluppo dell’associazionismo.

Tra gli aspetti che possono essere gestiti in modo associato, oltre al già visto nucleo di valutazione, segnaliamo: il servizio paghe e contributi, la gestione delle selezioni per le assunzioni, la realizzazione dell’ufficio per il contenzioso, la contrattazione decentrata. Ognuno di questi aspetti presenta caratteristiche peculiari e può essere gestito in modo associato anche da solo.

La realizzazione di forme di gestione associata in tema di personale costituisce un passaggio obbligato per la realizzazione in forma ampia di tale esperienza e, al contempo, un passaggio sostanzialmente obbligato nel corso del processo di sua realizzazione.

Il servizio paghe e contributi richiede al contempo una efficiente software gestionale per la parte relativa al trattamento economico ed invece si richiede una puntuale attività di aggiornamento ed una specifica professionalità per la parte relativa ai contributi, parte che in genere comprende anche gli adempimenti tributari, quali ad esempio i modelli 770, l’IRAP etc.

La gestione associata del servizio paghe richiede l’impegno, che si può stimare non a tempo pieno, di un dipendente. Tale figura non deve necessariamente essere un apicale, ma può –a secondo della dimensione degli enti associati- essere una categoria C ovvero, nei casi di maggiore complessità, una categoria D. Occorre essere in possesso di due requisiti di tipo tecnico. In primo luogo, occorre avere un adeguato software gestionale, come peraltro ce ne sono molti in commercio. In secondo luogo, occorre che gli enti siano collegati in rete, in particolare per ciò che riguarda la rilevazione delle presenze e delle assenze e degli orari. Ove ciò non esiste e non è possibile realizzarlo in tempi brevi appare preferibile l’intervento di un addetto per la trasmissione attraverso posta elettronica di tali dati. E’ evidente che questa seconda opzione impegna un addetto per ogni ente per una quota dell’orario di lavoro e impone all’ufficio associato un carico di lavoro manuale aggiuntivo. La realizzazione del servizio in forma associata rende del tutto superfluo che ogni ente abbia un suo autonomo software gestionale delle paghe. I risparmi sono realizzati in termini di minore utilizzazione di risorse umane e, ove gli enti ne siano sprovvisti, dall’acquisto e dalla manutenzione del software. Nel caso di rete telematica essi sono maggiorati.

La gestione associata del servizio contributi richiede l’impegno di un dipendente il cui carico di lavoro dipende dal numero di dipendenti. L’inquadramento può, in linea generale, essere nella categoria C ovvero nella categoria D, in caso di enti presso cui vi sono molti dipendenti. Occorre un adeguato software gestionale e non è invece necessario che tra gli enti vi sia una rete telematica di collegamento. Un fattore di particolare importanza, sia per gli oneri riflessi che per gli adempimenti fiscali, è costituito dalla necessità di costante aggiornamento professionale e una parte significativa del carico di lavoro deve essere svolto all’esterno dell’ente, ad esempio nel rapporto con l’INPDAP, anche se già oggi la interconnessione costituisce una importante occasione per evitare al dipendente la necessità del contatto diretto. Gli effetti della gestione associata sono di due tipi: un risparmio in termini di quantità di personale impegnato e, soprattutto, in termini qualitativi, visto che si creano i presupposti per una professionalità di maggiore livello e ciò a seguito delle dimensioni. Pensiamo, solo per fare un esempio, ai tempi ed all’impegno che sono richiesti nonché ai rischi di errore che si corrono allorchè in un piccolo ente possiamo avere anni senza che una pratica pensionistica sia espletata.

Gli oneri per il servizio paghe e contributi possono essere determinati tra gli enti in vario modo; quello di gran lunga preferibile appare essere il numero dei dipendenti.

La gestione delle selezioni in modo associato deve essere prevista nello specifico regolamento. Essa può realizzarsi tanto tramite la indizione in modo associato di uno o di specifici concorsi tanto tramite l’apprestamento di graduatorie a cui possono attingere i singoli enti. Ricordiamo la assoluta necessità che la scelta sia realizzata prima che siano concluse le specifiche procedure selettive. Siamo dinanzi ad un tema per la cui gestione non si richiede la attivazione di specifici uffici, ma che si attiva sulla base di concrete decisioni. I vantaggi sono assai rilevanti, vuoi in termini di risparmio di tempi, di semplificazione delle procedure e di qualità della selettività, con anche una riduzione dei rischi di contenzioso. Ma spesso siamo dinanzi ad uno dei temi più sensibili per le attenzioni degli amministratori e, quindi, a notevoli resistenze.

Particolarmente in tali casi appare utile prevedere la gestione associata almeno per le assunzioni a tempo determinato, cioè quelle che richiedono un carico di impegno assai rilevante per esiti tutto sommato modesti. In tali casi appare preferibile seguire il percorso per cui gli enti decidono preventivamente di avvalersi della stessa graduatoria selettiva per tutto il periodo di sua validità.

Il finanziamento della gestione associata delle selezioni può essere ripartito tra gli enti per quote proporzionali rispetto a fattori obiettivi e predeterminati, quali il numero dei dipendenti ovvero il numero degli abitanti; ovvero può essere determinato in ragione del numero di selezioni delegate all’ufficio. Ovviamente, i vari fattori possono essere combinati per la fissazione della quota spettante ad ogni singolo ente aderente a tale forma di gestione associata.

La istituzione dell’ufficio per la gestione del contenzioso con i dipendenti costituisce un obbligo posto dal DLGS n. 165/2001 per tutti gli enti locali; da tale vincolo possono derivare rilevanti utilità per i singoli enti. Utilità in termini di riduzione degli oneri per la assistenza legale e di professionalizzazione per la gestione del rapporto con il personale, così da ridurre i rischi di contenzioso con esiti sfavorevoli. Tra le ragioni di risparmio ricordiamo la possibilità che gli enti siano assistiti nei giudizi di primo grado non da un legale, ma da un dirigente/funzionario. La istituzione dell’ufficio richiede la individuazione di un responsabile che si suggerisce, a secondo della dimensione, debba essere una categoria D o un dirigente. L’impegno non appare sicuramente assorbente per l’intero carico orario. I vantaggi sono duplici: in primo luogo la migliore professionalità, da cui possono derivare consistenti risparmi in termini di minori spese dirette per la assistenza legale ed indiretti per la riduzione dei rischi di contenzioso con esito sfavorevole. In secondo luogo, per il minore carico di personale che si può raggiungere.

La contrattazione decentrata associata costituisce una opportunità, finora poco utilizzata per la verità, che è stata prevista per la prima volta dal CCNL 1/4/1999, quadriennio 1998/2001. Siamo dinanzi alla stipula di un unico contratto integrativo per tutti gli enti che aderiscono alla esperienza; adesione che richiede la manifestazione di una specifica volontà sia da parte degli enti che da parte dei soggetti sindacali. La unificazione delle contrattazioni non si estende automaticamente a tutte le forme di relazione sindacale, in primo luogo alle concertazione. Perché ciò avvenga occorre una specifica manifestazione di volontà che, in genere, presuppone che tutta la funzione di gestione delle risorse umane sia gestita in modo associato. Per la realizzazione della esperienza occorre che enti e soggetti sindacali aderiscano alla iniziativa; gli enti devono dedicare una specifica attenzione alla formazione della delegazione trattante ed alle procedure che si devono osservare. In particolare, alla definizione in modo preciso del rapporto tra delegazione trattante e giunte dei singoli enti ed ai margini di autonomia che devono essere garantiti. Non siamo dinanzi ad una scelta che importa oneri e che, quindi, richiede la definizione di specifiche modalità di loro ripartizione. Il principale vantaggio può essere dato dalla qualità della contrattazione, nozione nella quale si deve ricomprendere la quantificazione della entità del fondo per il trattamento economico accessorio, dalla sua spersonalizzazione rispetto alla condizione dei singoli enti e dall’avvio di metodologie e condizioni unitarie

LO SPORTELLO UNICO PER LE ATTIVITA’ PRODUTTIVE

La gestione associata dello Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) costituisce una prospettiva sostanzialmente obbligata per gli enti piccoli, piccolissimi e medi. Infatti, in mancanza di tale scelta la stragrande maggioranza dei municipi non è in grado di svolgere le complesse funzioni affidate dalla normativa a tale strumento organizzativo, in particolare per ciò che riguarda i rapporti con le altre Pubbliche Amministrazioni. Capitolo che ricordiamo costituire, attraverso la unificazione del procedimento amministrativo, l’elemento più innovativo della istituzione dello Sportello Unico. Ed ancora, la mancata realizzazione della gestione associata costituisce un pesante handicap per la attivazione delle funzioni ulteriori, in particolare di promozione, che tale struttura può svolgere.

L’organizzazione in forma associata deve essere sempre improntata ai seguenti principi:

  1. massima attenzione alle esigenze dell’utenza;
  2. preciso rispetto dei termini e anticipazione degli stessi, ove possibile;
  3. rapida risoluzione di contrasti e difficoltà interpretative;
  4. divieto di aggravamento del procedimento e perseguimento costante della semplificazione del medesimo, con eliminazione di tutti gli adempimenti non strettamente necessari;
  5. standardizzazione della modulistica e delle procedure;
  6. costante innovazione tecnologica, tesa alla semplificazione dei procedimenti e dei collegamenti con l’utenza, anche mediante l’introduzione della firma elettronica, ed al miglioramento dell’attività di programmazione.

La gestione associata deve assicurare l’esercizio delle funzioni di carattere:

  1. amministrativo, per la gestione del procedimento unico;
  2. informativo, per l’assistenza e l’orientamento alle imprese ed all’utenza in genere;
  3. promozionale, per la diffusione e la migliore conoscenza delle opportunità e potenzialità esistenti per lo sviluppo economico del territorio.

Le funzioni di carattere amministrativo comprendono le procedure di autorizzazione per impianti produttivi di beni e servizi concernenti:

  1. la localizzazione;
  2. la realizzazione;
  3. la ristrutturazione;
  4. l’ampliamento;
  5. la cessazione;
  6. la riattivazione;
  7. la riconversione;
  8. l’esecuzione di opere interne;
  9. la rilocalizzazione;
  10. il collaudo.

Appare utile che siano escluse dall’ambito di competenza dello Sportello Unico le procedure che non richiedano pareri ed interventi esterni al Comune sede dell’intervento.

Lo Sportello Unico deve esercitare servizi aggiuntivi di informazione, rivolti in particolare alle realtà imprenditoriali, relativi a finanziamenti e agevolazioni finanziarie e tributarie, a livello comunitario, nazionale, regionale o locale. Esso deve curare, ad esempio, e tenere sempre aggiornata in rete una raccolta di leggi, regolamenti, circolari, giurisprudenza, risoluzione di quesiti, bandi, schemi di domande e quant’altro necessario per una completa attività informativa.

Nell’ambito delle attività di carattere promozionale, lo Sportello Unico può porre in essere tutte le iniziative, anche per via telematica, volte a diffondere la conoscenza del territorio e delle potenzialità economico-produttive offerte dallo stesso.

Per lo svolgimento delle proprie attribuzioni lo Sportello Unico della Comunità Montana può stipulare convenzioni con soggetti pubblici e con strutture private.

La realizzazione dello Sportello Unico può essere realizzata sostanzialmente in due modi: ufficio unitario o a struttura differenziata. Nel primo caso tutte le fasi sono gestite da una struttura unica, nel secondo caso la struttura si articola in due momenti diversi, allocati rispettivamente presso ogni ente aderente e presso la struttura centrale.

Per quanto concerne le competenze in ordine alle concessioni/autorizzazioni edilizie e alle D.I.A., esse devono restare in capo alle Amministrazioni Comunali le funzioni di istruttoria della pratica edilizia e di tutte le parti endoprocedimentali di competenza comunale, in stretto raccordo con lo Sportello Unico associato

Il Responsabile dello Sportello Unico associato sovrintende alle attività necessarie al buon funzionamento della gestione associata ed in particolare coordina l’attività dei responsabili degli Sportelli Unici o dei referenti-coordinatori dei singoli comuni.

I VIGILI URBANI

La realizzazione di forme di gestione associata per il settore della vigilanza consente di raggiungere significativi e positivi risultati in termini di miglioramento della qualità dei servizi.

La gestione associata e coordinata dei servizi di Polizia Municipale e delle politiche per la sicurezza in particolare può garantire il migliore presidio del territorio ed una presenza più coordinata per la prevenzione ed il controllo dei fenomeni importanti per la sicurezza della circolazione stradale, per la protezione ambientale, la tutela del consumatore e per i bisogni emergenti.

A livello centrale si possono stabilire:

  • le priorità di intervento all’interno delle aree identificate da questa convenzione;
  • le modalità operative sia rispetto al percorso da seguire che alle fattispecie da controllare;
  • i rapporti con la Prefettura, la Questura, l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza.

A livello di singolo ente si possono stabilire:

  • le giornate nelle quali prevedere gli interventi sul territorio;
  • le aliquote di uomini che ogni Comando mette a disposizione per i vari servizi programmati;
  • gli obiettivi rilevanti;
  • il coordinamento con le altre forze di polizia presenti sul territorio.

La funzione di coordinamento può essere svolta dal responsabile del soggetto capofila ed appare utile la attivazione di un Ufficio di Coordinamento, composto da tutti i Comandanti o responsabili dei servizi dei Comuni associati e coordinato dal più alto in grado.

Il monte ore che viene impiegato nei servizi associati rientra, in quantità uguale, sul territorio comunale di appartenenza in modo che il debito/credito di unità di personale sia sempre pari a zero ad ogni fine anno;

L’ambito territoriale per il porto dell’Arma deve essere fissato in quello dei comuni associati.

E’ inoltre opportuno che gli enti si diano specifiche priorità da raggiungere. Ad esse si devono sommare i servizi di supporto, quali la costituzione di un ufficio unico di supporto amministrativo e del centro unico per gli acquisti, con la predisposizione di una rete intranet, la omologazione dei software gestionali; la riconversione degli archivi attualmente gestiti con altri programmi nei nuovi standard; la adozione di modulistica uguale su tutti i Comuni coinvolti (preavvisi, verbali etc); la attivazione del punto unico di supporto; la acquisizione di tutti i documenti relative alle procedure in modo da consentirne una visualizzazione anche in remoto; la gestione completa della procedura riferita agli atti del Codice della Strada e delle violazioni amministrative a leggi e regolamenti; la costituzione di un coordinamento permanente per l’aggiornamento professionale e tecnico operativo; la realizzazione di modelli operativi ed organizzativi del servizio di polizia municipale; la attivazione di un Nucleo di Polizia Commerciale per controllo pubblici esercizi; la attivazione di una rete di operatori di prossimità su tutto il territorio dei Comuni coinvolti; la attivazione di un Nucleo di Polizia Giudiziaria ed Edilizia per controllo cantieri e fenomeni complessi di criminalità; la attivazione di un Nucleo di Polizia Stradale specializzato nell’utilizzo della strumentazione tecnica; la attivazione di uno “sportello” virtuale per i cittadini che potranno dialogare direttamente con l’ufficio unico di supporto dei servizi associati di Polizia Municipale; la attivazione di uno sportello reale integrato dove un operatore si occuperà di ricevere i cittadini che hanno procedure relative a violazioni amministrative dei Comuni Associati e terrà i rapporti con tutti i fornitori alfine della definizione delle procedure di acquisizione centralizzata delle attrezzature e del vestiario etc.

La gestione associata è attivata per lo svolgimento dei servizi ordinari, per quanto attiene ai servizi da svolgere in occasione di manifestazioni straordinarie si definisce un progetto unitario per la gestione dei servizi associati nel quale si prevede che gli operatori che svolgono attività in tali occasioni percepiscono compensi aggiuntivi.

L’Ente che richiede i servizi straordinari provvederà al pagamento di tali spettanza. Tali servizi vengono svolti al di fuori dell’orario di servizio previsto presso l’Ente di appartenenza.

Gli operatori dei Corpi e Servizi dei Comuni Associati possono inoltre partecipare ai servizi di reperibilità, che possono essere attivati in casi di urgenza.

L’UFFICIO TECNICO

Siamo dinanzi ad un complesso di attività che possono essere gestite in forma associata per intero o singolarmente. Ricordiamo che la gestione associata dell’intero ufficio si riferisce a:

  1. gestione degli strumenti urbanistici, anche attraverso una loro unificazione;
  2. gestione della edilizia;
  3. gestione dei lavori pubblici;
  4. gestione degli appalti;
  5. gestione delle espropriazioni.

Ognun a di tali funzioni e/o servizi, anche in modo parziale, possono essere gestiti in modo associato. E’ evidente che l’articolazione del grado di integrazione gestionale costituisce una variante di straordinario rilievo ed è direttamente collegata alla volontà politica ed al grado di maturazione delle esigenze di gestione associata. Esigenze che possono essere ulteriormente accresciute dalla realizzazione di forme di gestione associata, ad esempio nello sportello unico per le autorizzazioni agli insediamenti produttivi.

Si evidenzia che, in particolare, la realizzazione della gestione associata dell’urbanistica, soprattutto se attraverso la unificazione dello strumento urbanistico, costituisce un grado di integrazione di elevato livello.

La gestione associata degli appalti può permettere di raggiungere importanti risultati di snellimento, riduzione dei tempi e maggiore qualità professionale, in particolare per l’innalzamento del grado di resistenza in caso di contenzioso. Si può ipotizzare una ripartizione dei costi sulla base del numero di gare espletate e del loro ammontare.

La gestione associata dell’ufficio espropriazioni è esplicitamente ipotizzata dallo specifico testo unico. Il ricorso a tale forma consente di raggiungere nel contempo due risultati: miglioramento della professionalità degli addetti e conseguimento di obiettivi di risparmio delle risorse. Si può ipotizzare una ripartizione dei costi sulla base del numero di pratiche espropriative, della loro complessità e della loro entità

La gestione associata delle opere pubbliche può esser realizzata attraverso varie forme, a partire da un’efficace gestione del territorio, soprattutto sotto il profilo manutentivo delle opere pubbliche esistenti, un maggiore coordinamento ed organicità delle attività svolte dagli uffici tecnici comunali, un recupero di tempi operativi per passare da una gestione delle emergenze ad una più efficace programmazione degli interventi

In particolare, la valutazione da effettuare richiede una specifica attenzione sugli obiettivi che i comuni si pongono. In primo luogo, l’esigenza di pianificare la realizzazione di opere pubbliche nel rispetto del principio di salvaguardia del suolo e successivamente garantire efficaci e tempestivi interventi di manutenzione delle suddette.

Per una maggiore funzionalità degli uffici tecnici e per un necessario recupero di risorse economiche, si rende opportuna la creazione di una struttura dedicata e specializzata nella progettazione di opere e nella direzione lavori , formato da unità di personale con competenze specialistiche, alcune reperite anche all’interno degli stessi comuni associati mediante l’istituto del distacco .

La nuova struttura potrebbe relazionarsi con gli organi politici-amministrativi dei comuni interessati stabilendo ed individuando alcune opere da gestire direttamente, mentre altre sarebbero lasciate alla gestione attuale dei singoli uffici degli enti .

Le funzioni di questo nuovo Servizio sarebbero rappresentate dall’assunzione di tutte le competenze progettuali e di direzione lavori delle opere pubbliche , anche di salvaguardia ambientale di competenza, attualmente gestite dai comuni, spesso con la forma dell’incarico di consulenza esterna.

Ulteriore funzione è rappresentata dalla manutenzione delle medesime opere e da altri interventi collegati che per loro natura sarebbe opportuno gestire in modo coordinato , condividendo mezzi ed unità di personale esistenti nei comuni .

Tale attività consentirebbe un evidente risparmio di spesa nella gestione degli appalti con le ditte esterne , ed inoltre un più funzionale utilizzo dei mezzi , attrezzature e macchinari che in virtù della rotazione a servizio di tutte le amministrazioni potrebbero raggiungere un livello di ammortamento ottimale .

Le stesse considerazioni di economicità possono esprimersi in relazione alla programmazione di acquisti di eventuali mezzi necessari.

La realizzazione di tale ufficio consente di raggiungere significativi risultati di risparmio in termini di riduzione al ricorso alla progettazione esterna.

L’adesione da parte dei comuni al nuovo Servizio associato di Progettazione , dovrebbe comportare la stesura di un Piano di riparto dei costi ; per il calcolo di tale Piano si propone di basarsi su tre criteri :

il primo , corrispondente ad una cifra FISSA ANNUA , è rappresentato dal numero complessivo di abitanti del comune aderente , quindi predeterminato ad inizio anno finanziario ;

il secondo , corrispondente ad una cifra FISSA ANNUA , è rappresentato dall’ampiezza territoriale del comune aderente , quindi anch’esso predeterminato ad inizio anno finanziario ;

il terzo , corrispondente ad una cifra PROPORZIONALE ANNUA , è rappresentato dal volume complessivo di opere progettate e realizzate riferite al comune aderente, quindi determinabile a consuntivo come base per l’anno seguente .

GLI UFFICI FINANZIARI

La realizzazione della gestione associata degli uffici finanziari costituisce un momento di straordinaria rilevanza per la maturazione di una cultura associativa. Essa può riguardare tanto l’ufficio di ragioneria che l’ufficio tributario. Nel primo caso, occorre puntare in particolare l’attenzione sulla realizzazione in modo unitario di una banca dati e sulla gestione associata della riscossione. Nel secondo caso siamo dinanzi ad una integrazione assai marcata delle strutture, che presuppone una precisa scelta e la presenza di efficaci strumenti di interconnessione, cioè una rete di collegamento.

La gestione associata dei tributi può riguardare singoli tributi, con l’avvertenza che la gestione della TARSU e dell’ICI presentano marcati elementi di collegamento per cui appare in linea generale opportuno che esse procedano unitariamente. La gestione associata può inoltre riguardare fasi specifiche ovvero l’intero processo.

Si ritiene che anche la scelta della fissazione delle aliquote e delle norme regolamentari possa essere effettuata in modo unitario, in particolare laddove si ricorre allo strumento della Unione dei Comuni.

Anche per la gestione della ragioneria possiamo avere la scelta per singole fasi, ma in questo caso appare quanto mai opportuno che il processo sia unitario e che coinvolga l’intero servizio.

APPALTI ED ACQUISTI

Sono assai rilevanti i vantaggio che possono essere conseguiti attraverso la gestione associata degli appalti e degli acquisti. Tali vantaggi sono così sintetizzabili: risparmi sui costi di acquisizione, risparmi sui costi di gestione, maggiore professionalizzazione degli addetti, aumento della forza contrattuale dei singoli enti.

Peraltro la gestione associata consente anche di valutare la possibilità di utilizzare lo strumento della gara on line, che certo non è appetibile nel caso di enti di modeste dimensioni.

Appare quanto mai opportuno che la scelta di dar vita a forme di gestione associata degli appalti e, soprattutto, degli acquisti parta dalla programmazione del fabbisogno per i singoli enti, programmazione che deve avere un arco di efficacia almeno annuale.

I SERVIZI SOCIALI

La gestione può riguardare tutti o alcuni tra le funzioni ed i servizi di seguito indicati a titolo esemplificativo. Nella effettuazione della scelte occorre fare riferimento alle forme di gestione attualmente esistenti.

 

AREA ANZIANI

–        Assistenza domiciliare

–        Residenze sociali assistite

–        Residenze sanitarie assistenziali

–        Centri diurni

–        Assegni di cura

–        Telesoccorso

–        Ise e Isee

 

AREA MINORI

–        Centri di pronto accoglimento

–        Casa di accoglienza per l’infanzia

–        Casa famiglia

–        Comunità educativa

–        Pensionato giovanile

–        Semiconvitto

–        Comunità alloggio

–        Assegni di studio

–        Recupero e prevenzione tossicodipendenze

–        Inserimenti lavorativi

 

AREA DISABILI

–        Centri socio-riabilitativi

–        Aiuto personale

–        Assistenza scolastica

–        Inserimenti lavorativi

–        Trasporto scolastico e non

–        Centri di musicoterapia

 

AREA FAMIGLIA

–        Comunità famiglia

–        Assegni di maternità

–        Assegni per il nucleo familiare

–        Bandi affitto

–        Alloggi di Edilizia residenziale pubblica

–        Invalidi

–        Reddito minimo di inserimento

–        Ise e Isee

I vantaggi della gestione associata possono essere così riassunti: permettere la gestione unitaria per tutti gli enti delle funzioni, risparmiando sul personale utilizzato; specializzare il personale che si occupa per tutti i Comuni dell’assolvimento di queste funzioni; migliorare qualità e tempi di risposta nei confronti del cittadino utente; uniformare trattamenti e risposte in materie in cui il cittadino ha bisogno di percepire assoluta omogeneità di comportamenti; liberare le attuali risorse che attualmente nei singoli comuni si occupano, sia pure part-time, dell’esercizio di queste funzioni; aiutare i Comuni a definire tramite regolamenti per quanto possibile dai contenuti omogenei, i criteri per l’erogazione dei servizi, i requisiti, le modalità e le procedure per l’accesso agli stessi, le forme di compartecipazione al costo delle prestazioni da parte degli utenti e ciò anche in riferimento ai servizi per i quali si è conferita la delega.

La ripartizione degli oneri può essere effettuata ricorrendo a criteri obiettivi e predeterminati, quali ad esempio il numero degli abitanti dei singoli enti.

PROSPETTIVE ULTERIORI

Non vi sono funzioni e/o servizi per i quali può essere esclusa a priori la possibilità di dar vita a forme di gestione associata. Per cui, il fatto che alcune norme di legge richiamino esplicitamente la possibilità di gestione associata deve essere considerata come uno stimolo, ma non come un vincolo.

In particolare essa si può e, per molti versi, si deve estendere ai compiti nuovi attribuiti ai comuni. A partire dalla gestione del catasto, che costituisce una attribuzione inedita per i comuni ed il cui esercizio ottimale, anche nell’ambito di un rapporto convenzionale con l’Agenzia del territorio, richiede una dimensione minima che deve essere garantita.

Analogo discorso deve essere fatto per l’ufficio espropriazioni, la cui istituzione è prevista come obbligatoria dallo specifico testo unico con funzioni di gestione di tutte le fasi e gli adempimenti connessi.

 

[1] DL 138, Nota di lettura delle disposizioni sui comuni, ufficio legislativo Anci, settembre 2011

[2] Anci, ibidem

[3] Anci, ibidem

[4] Nota Anci ibidem

[5] Nota Anci ibidem

[6] Nota Anci, ibidem

[7] Nota Anci, ibidem